Caldo record: il report dell’EU-OSHA
Le previsioni non lasciano scampo: sarà l’ennesima estate torrida. I termometri continuano a registrare un record dopo l’altro a causa dell’emergenza climatica. E mentre la colonnina di mercurio sale, la sicurezza sul lavoro diminuisce. Lo dimostrano le statistiche: quando le temperature superano i 30°C, la probabilità di incidenti aumenta del 5-7%. E oltre i 38°C, la percentuale sale tra il 10% e il 15%.
Diversi luoghi, diversi rischi
Questo perché non tutti i mestieri si svolgono in freschi uffici climatizzati. Ad esempio, chi lavora nell’agricoltura, nei servizi di manutenzione delle strade o nell’edilizia è direttamente esposto ai raggi solari.
Ma anche in ambienti chiusi il caldo può essere una minaccia. Basti pensare a chi svolge lavori pesanti, con ingombranti dispositivi di sicurezza e in condizioni di caldo, come nei settori zootecnico, manifatturiero, siderurgico o elettrico. Non sono più fortunati neanche le lavoratrici e i lavoratori di panetterie, caseifici, lavanderie e ristoranti dove si è altrettanto esposti a ondate di calore e vapore. Alla lista vanno poi aggiunti gli operatori sanitari costretti alla scomodità di soffocanti tute e mascherine, con un aumento del carico di lavoro per l’afflusso di pazienti dovuto al caldo record.
Il Report dell’EU-OSHA: linee guida contro il caldo record
Quindi i casi da considerare sono molti e l’EU-OSHA ha esplicitamente raccomandato di non trascurarne nessuno. Nel suo report “HEAT AT WORK – GUIDANCE FOR WORKPLACES” li ha schematicamente riassunti, elaborando delle linee guida per una legislazione aggiornata ed efficace a tutela di chi lavora.
Una scelta oculata, dato il mosaico normativo in materia. Infatti, se in alcuni paesi la Legge prevede range di temperature di riferimento, in altri è decisamente più lacunosa. Ad ogni modo, secondo l’Agenzia Europea è essenziale non limitarsi ai gradi centigradi per valutare gli effetti del caldo sulla salute di lavoratrici e lavoratori. Del resto, rappresentano ulteriori fattori di stress: l’umidità relativa, l’esposizione a fondi calore diverse dal sole, la circolazione dell’aria, l’intensità dell’attività svolta o l’abbigliamento previsto.
L’indice di stress delle alte temperature
Ma non è così semplice misurarne l’influenza con un approccio complessivo e trasversale. Ancora non esiste un indice in grado di stimare l’impatto del calore sul corpo umano in tutte le sue forme. Per questo, l’Unione Europea, con il progetto HEAT-SHIELD, ha tentato un compromesso sviluppando un indice di stress multifattoriale per un più precisa valutazione dei danni del caldo sui luoghi di lavoro.
Un altro sforzo comunitario si è concretizzato con una legislazione ad hoc sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro che include anche i rischi dell’eccessiva esposizione al calore. E, stando al legislatore europeo, è centrale la responsabilità dei datori. Tanto è vero che l’OSH Framework Directive esplicita spetta a loro indagare tutti i potenziali pericoli, impostando misure di prevenzione e correzione.
Altre direttive più specifiche stabiliscono che la temperatura sui luoghi di lavoro deve essere adeguata all’esigenze umane, tenendo conto di metodi e impegno fisico di chi lavora. Infine, l’U.E. ha sottolineato di non sottovalutare “la temperatura nelle aree di riposo, nei locali per il personale di servizio, nei servizi igienici, nelle mense e nei locali di pronto soccorso dove deve essere adeguata alla destinazione particolare di tali aree”.
Di conseguenza, i singoli Stati Membri sono stati chiamati a inglobare nei propri ordinamenti il contenuto del report dell’EU-OSHA contro il caldo record, ciascun con tempi e strumenti differenti.
Malgrado ciò, si possono individuare due macrocategorie di azioni: tecniche e organizzative. Le prime implicano una ristrutturazione di spazi e processi- quando fattibile – con climatizzatori e protezioni dai raggi UV. Le seconde, invece, comportano una diversa gestione di orari e tasks, aumentando i tempi di pausa e alleggerendo le mansioni.
Soggetti più vulnerabili
Ovviamente, per la piena efficacia di ogni intervento, sempre secondo le linee guida europee, è vitale attenzionare lavoratrici e lavoratori con patologie pregresse o un’età avanzata, che li rendono più vulnerabili ai colpi di calore. In particolar modo, chi ha patologie cardiovascolari è maggiormente suscettibile ad aritmie, ischemia miocardica, insufficienza cardiaca, shock e morte improvvisa. Le alte temperature possono altresì aggravare i sintomi di malattie respiratorie, renali, cerebrovascolari, dermatologiche o del diabete. Infine, sono più sensibili al calore anche le lavoratrici gestanti che hanno fisiologicamente temperature più elevate per lo sviluppo del feto.
Un impegno duale
Il report dell’EU-OSHA contro il caldo record non tralascia poi la responsabilità datoriale anche al di fuori dell’orario lavorativo. Questo vale soprattutto per i datori di lavoro che forniscono gli alloggi ai propri dipendenti – come nel caso degli stagionali – e non possono non avere riguardo di garantire condizioni abitative dignitose dal punto di vista climatico.
L’impegno datoriale va chiaramente implementato anche con un’assidua opera di formazione di lavoratrici e lavoratori. La loro piena consapevolezza dei pericoli e degli strumenti per evitarli sono il primo imprescindibile presidio di sicurezza. A questo si deve affiancare un costante dialogo della parte datoriale con i propri dipendenti. Perché, d’altro canto, sui luoghi di lavoro, nessuno conosce meglio i rischi di chi li vive ogni giorno.
Le proposte della UIL
La minaccia del caldo record è parte integrante della campagna Zero Morti Sul Lavoro. Non a caso, la UIL non ha mancato di fare proposte per salvaguardare lavoratrici e lavoratori dal pericolo delle alte temperature a partire dalla necessità dell’approvazione di una Legge quadro, con la partecipazione dei sindacati. È auspicabile, inoltre, utilizzare strumenti già esistenti per ridurre i rischi: come l’impiego della Cassa Integrazione, la riduzione o sospensione dell’attività lavorativa e il potenziamento dell’azione ispettiva dell’INAIL, specie nei settori più a rischio. Le risposte, però, faticano ad arrivare e nel mentre chi lavora muore.