CALDO RECORD E SICUREZZA SUL LAVORO: IL DECALOGO DELL’INAIL

Immaginate di lavorare in un cantiere in pieno luglio, con oltre 40° gradi. Sudare non sarà l’unica reazione del vostro corpo. Fare sforzi a temperature anomale è seriamente debilitante. Non si perde semplicemente la concentrazione. È una fonte di stress fisico e psicologico da non sottovalutare su qualsiasi posto di lavoro. Soprattutto se consideriamo che questo caldo estremo ci farà compagnia ancora a lungo, a causa del cambiamento climatico.  

I rischi del caldo

Le patologie che possono insorgere sono diverse, a volte anche gravi. Infatti, l’eccessivo calore può provocare crampi, dermatiti da sudore e squilibri idrominerali fino al colpo di calore che può innescare aritmie cardiache e febbre oltre i 40°. Naturalmente lavoratrici e lavoratori in condizioni croniche sono ancora più suscettibili ad alte temperature. In particolar modo, è più a rischio chi soffre di malattie della tiroide o cardiovascolari, di obesità, asma, bronchite cronica o diabete. Infine, caldo e spossatezza determinano un calo dell’attenzione che aumenta le probabilità di distrazione e infortuni sul luogo di lavoro. 

Il decalogo dell’INAIL

Perciò l’INAIL ha elaborato un vademecum pronto all’uso per lavoratrici, lavoratori, datori e figure aziendali competenti sulla salute e la sicurezza. È uno dei risultati del progetto Worklimate: un’iniziativa nata nel 2019 e finanziata dall’Inail che mira a mettere a punto delle strategie di intervento per contrastare l’impatto dello stress termico-ambientale in ambito occupazionale.  In collaborazione con l’Istituto e il Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto per la BioEconomia (Cnr-Ibe), valuta rischi e metodi di prevenzione, partendo dalla stima degli incidenti dovuti al clima e segnalati dalla banca dati dell’INAIL. 

Le indicazioni per chi lavora sono di bere a prescindere dallo stimolo, per prevenire la disidratazione; vestire con abiti leggeri e di colore chiaro; rallentare i ritmi di lavoro; usare un copricapo per ripararsi dai raggi solari, bagnarsi la pelle e infine informarsi sui possibili campanelli d’allarme fisici e il primo soccorso. 

Le responsabilità del Datore di Lavoro

Per quanto compete ai datori di lavoro, questi devono individuare un responsabile che abbia un ruolo di sorveglianza delle condizioni meteoclimatiche. La persona designata dovrà essere formata sugli indicatori di rischio di stress termico, nonché sulle specifiche misure di tutela in caso di emergenza. Sempre il datore di lavoro dovrà garantire ai suoi dipendenti un percorso di formazione sugli effetti del caldo estremo e sulle misure di protezione da adottare. 

Anche modificare gli orari di lavoro e riprogrammare le attività non prioritarie sono strategie utili a ridurre l’esposizione dei lavoratori al calore. Ad esempio, si possono pianificare le azioni fisicamente più impegnative per le ore più fresche della giornata. È altrettanto importante garantire l’accesso ad aree completamente ombreggiate o climatizzate per fare pause brevi e frequenti così da prevenire gli effetti del calore eccessivo. A tal fine si raccomandano anche segnali acustici, messaggi audio o qualsiasi tipo di comunicazione efficace che, compatibilmente con l’attività lavorativa, ricordi ai lavoratori di effettuare pause al fresco per la reidratazione e il rinfrescamento. Al di sopra di determinati indici di calore, invece, è tassativamente prevista la totale interruzione del lavoro. 

Nel decalogo dell’INAIL ricevono una particolare attenzione le lavoratrici e i lavoratori neo-assunti e quelli che riprendono le attività dopo un’assenza prolungata. Per i primi è raccomandato di iniziare con il 20% del carico di lavoro, aumentando gradualmente il carico nei giorni successivi. Per i secondi, che hanno più esperienza, si consiglia di ripartire con il 50% del carico normale.

Un’altra strategia decisiva nel combattere lo stress termico è promuovere il reciproco controllo tra colleghi. Se il proprio compagno di lavoro è capace di riconoscere i sintomi del calore eccessivo e di prestare il primo soccorso, l’intero sistema di protezione ha un’efficacia maggiore. Allora, a questo fine, è fondamentale condividere con i lavoratori, con il medico competente e con il responsabile della sicurezza un piano di sorveglianza per il monitoraggio dei segni delle patologie da calore e di risposta alle emergenze. 

L’allarme della CES

Anche la Confederazione Europea dei Sindacati ha richiesto un’azione tempestiva della Commissione Europea sui rischi dello stress termico. Questo perché il caldo sta già uccidendo. Infatti, nel 2020 in Francia sono morte 12 persone per infortuni legati alle temperature eccessive, mentre in Spagna la scorsa settimana un addetto alle pulizie è morto dopo un colpo di calore. In Italia, solo pochi giorni fa la stessa sorte è toccata a un operaio a Dana Graziano di Rivoli, alle porte di Torino. Non sono casi isolati, ma la diretta conseguenza dell’assenza di tutela per la forza lavoro dai pericoli del cambiamento climatico. Il problema è molto più serio di quanto comunemente si pensi. Già lo scorso anno, infatti, alcune amministrazioni regionali hanno vietato di lavorare nelle ore più calde, soprattutto per il settore agricolo.

Considerando che stando ai dati dell’OMS la temperatura ideale per lavorare va dai 16 ai 24 gradi, sopra i 30 siamo di gran lunga oltre il limite massimo.  Non a caso, secondo Eurofound, il 23 % di tutti i lavoratori sono esposti a temperature insostenibili, specialmente nel settore agricolo, industriale e edilizio. Nonostante queste preoccupanti premesse, pochi Stati Europei prevedono delle norme a difesa dei lavoratori in caso di ondate di calore. Sono il Belgio, l’Ungheria, il Montenegro, la Slovenia, la Spagna e la Lettonia che stabiliscono dei gradi limite oltre i quali, per determinate mansioni, deve essere alleggerita o interrotta l’attività lavorativa. 

Le parole del Segretario Generale della CES Claes-Mikael Ståhl.

Ma ovviamente non è assolutamente abbastanza. Lo ha specificato Il Segretario Generale della CES Claes-Mikael Ståhl che ha dichiarato “La forza lavoro è sulla linea del fronte nella lotta contro il cambiamento climatico e deve essere protetta dai pericoli connessi alle alte temperature” e ancora “il caldo non ha confini e c’è bisogno di un azione unitaria, di grande portata, dell’Unione”. Ha concluso che “La politica chiusa nelle sue stanze con aria condizionata continua ad ignorare un serio pericolo che incombe sulla forza lavoro più vulnerabile”  

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