AMIANTO: Standard di sicurezza più elevati in vista del Green Deal
“Una malattia senza possibilità di cura… ci ha soffocato”. A parlare sono due sorelle che hanno perso entrambi i genitori per il mesotelioma. Il tumore da amianto che ogni anno in Europa uccide più di 90 mila persone.
Si tratta della prima malattia professionale del vecchio continente, diagnosticata per lo più a lavoratori e lavoratrici entrati a contatto con il minerale killer sui luoghi di lavoro. E proprio a loro i sindacati europei hanno dedicato l’International Workers Memorial Day. Hanno raccolto le testimonianze di chi ha vissuto sulla propria pelle la tragedia del cancro da amianto, in una toccante opera di sensibilizzazione che punta dritto alle Istituzioni Europee.
Infatti, nella revisione delle soglie di esposizione, necessaria per le ristrutturazioni dovute al Green deal, sembra si preoccupino più di business che di salute. Il criterio della sicurezza non ha la priorità. È sistematicamente ridimensionato dagli interessi economici, con il risultato che le soglie rimangono eccessivamente elevate.
Per i sindacati, invece, devono essere adottati gli standard più sicuri possibile ossia la soglia di 1000 fibre di amianto per m3, a prescindere da qualsiasi calcolo commerciale. I numeri non sono scelti a caso. Ricalcano le raccomandazioni di una ricerca della Commissione internazionale per la salute sul lavoro che, stando a un successivo studio della Commissione europea, nei prossimi 40 anni ridurrebbero i decessi per cancro da amianto da 884 a 26. Proiezioni che non dovrebbero lasciare spazio all’indecisione, almeno per il Parlamento Europeo. Ma per gli stessi commissari e il Consiglio dei Ministri non sono così dirimenti.
A detta loro, il costo per salvare più di 800 vite umane sarebbe un onere sproporzionato per le imprese. Perciò sostengono un limite dieci volte superiore (10000 fibre/m3) che non solo ridimensiona i potenziali effetti della revisione, ma la rende anche inutile. Questo perché lo standard previsto è pari o superiore a quello già applicato in paesi quali Danimarca, Francia, Germania e Olanda, non portando alcun beneficio a un terzo della popolazione comunitaria.
Rabbia e sconcerto arrivano dal vicepresidente della CES Claes-Mikael Stahl: “I lavoratori hanno pagato con la vita i bassi standard di sicurezza per troppo tempo. Ora sappiamo che l’amianto è la minaccia più mortale per l’ambiente di lavoro in Europa, quindi non ci sono scuse per le mezze misure!”. E continua “la necessaria ristrutturazione degli edifici nell’ambito del Green Deal porterà ad un aumento dei lavoratori esposti all’amianto. I leader dell’UE hanno quindi la responsabilità morale di fornire loro le condizioni di lavoro più sicure possibili”
All’appello di Stahl si accoda senza mezzi termini il Segretario Generale della Federazione Europea dei Lavoratori dell’Edilizia e del Legno Tom Deleu: contro la minaccia dell’amianto “è tempo di anteporre la vita e la salute dei lavoratori al profitto”.
Nonostante siano trascorsi vent’anni dal suo divieto, l’asbesto continua ancora a mietere vittime, con la complicità degli interessi economici. Se da un lato non è pensabile rinunciare al Green Deal, dall’altro non lo è neanche mettere a repentaglio la salute di chi lavora. Perciò la transizione va governata salvaguardando sempre il principio della sicurezza, non esiste PIL o dividendo che tenga. E l’Unione ne ha la responsabilità. Una responsabilità a cui non può sottrarsi.