Limite di esposizione all’Amianto. Non può essere alzato per la sicurezza di tutti

La Commissione Europea, il 28 settembre scorso, ha licenziato una “Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/148/CE sulla protezione dei lavoratori connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro”.

Tra i vari riferimenti per la sua elaborazione e valutazione, è importante tenere presente la “Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2021 recante raccomandazioni alla Commissione sulla protezione dei lavoratori dall’amianto”, che conteneva, oltre alla proposta di revisione, diverse raccomandazioni, a cui la proposta di modifica dà solo in parte risposta.

La Raccomandazione del 2021 sull’esposizione all’amianto

La Raccomandazione di ottobre 2021 “invitava”, infatti, la Commissione a fissare il limite di esposizione di 100.000 f/m3 (0,1 f/cm3) alla nuova soglia di 1000 fibre/m3 (0,001 fibre/cm3). Questa misura rappresentaun passo importante per lavoratrici e lavoratori, perché, sebbene tutte le forme di amianto siano vietate nell’UE dal 2005, questo materiale è ancora fortemente presente tra lavoratori e cittadini e causa circa il 78% dei tumori professionali riconosciuti negli Stati membri. Pertanto, avere un limite di esposizione prossimo allo zero è assolutamente positivo poiché, per quanto concerne i tumori professionali, è conclamato che l’esposizione a cancerogeni è ancora una realtà presente in tutta l’UE ed è fortemente sottovalutata proprio a livello nazionale. Inoltre, se si individuano e considerano le diverse neoplasie professionali insieme alle patologie muscoloscheletriche, ne deriva che la prevenzione dei cancri professionali rappresenta ad oggi la vera sfida, insieme agli obiettivi di intervento da perseguire nei luoghi di lavoro.

Attuali limiti di esposizione all’amianto in Italia e in altri Paesi dell’UE

Ricordiamo che, in Italia, il valore soglia di esposizione per asbesto è fissato a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore (D.lgs. n.81 del 2008), mentre in altri Paesi quali Francia, Germania e Paesi Bassi i limiti attuali sono di gran lunga inferiori. In più, non possiamo dimenticare che, pur essendo decadute nel nostro Paese le condizioni di pericolo antecedenti la sua messa al bando, il problema amianto è ancora fortemente attuale, per il larghissimo impiego che di questo minerale si è fatto prima del 1992 (legge 257/92 di messa al bando dell’amianto): motivo per cui, allo stato attuale, può esistere ancora questo minerale in migliaia di prodotti ed apparecchiature ed anche in oggetti di nuova produzione provenienti da stati in cui esso è ancora utilizzato.

Occorre allora un coordinamento maggiore con le strutture sanitarie regionali e, a questo riguardo, è opportuno richiamare l’attenzione delle Istituzioni sulle carenze organizzative, strumentali, finanziarie e di organico di alcuni Centri Operativi Regionali e, più in generale, dei Dipartimenti di Prevenzione.

Tuttavia, la Commissione, dopo aver analizzato l’impatto economico, sociale e ambientale delle varie opzioni strategiche, ha scelto di fissare un limite inferiore di esposizione professionale (OEL) pari a 0,01 fibre/cm3 in rapporto a una media ponderata nel tempo (TWA) di 8 ore lavorative, considerando tale opzione “equilibrata e giustificata alla luce dei benefici conseguiti e a lungo termine in termini di riduzione dei rischi per la salute derivanti dall’esposizione dei lavoratori all’amianto e di vite umane salvate, senza gravare in modo sproporzionato sulle imprese dei settori interessati, comprese le microimprese, le piccole e medie imprese.”

La posizione del sindacato europeo sul limite di esposizione all’amianto

Per tutto ciò, appare inconcepibile, in queste settimane, il dietro front o il mancato sostegno anche da parte di diversi eurodeputati rispetto all’ OEL, raccomandando, infatti, un limite di esposizione all’amianto dieci volte superiore a quanto proposto ad ottobre 2021; tant’è che diversi membri dell’Europarlamento, così come il vice segretario generale della Etuc-CES Claes-Mikael Stahl, nei giorni scorsi hanno sottolineato proprio questo aspetto e proposto, tra l’altro, anche una serie di ulteriori correttivi, proponendo di voler includere requisiti minimi obbligatori di formazione per le lavoratrici e i lavoratori connessi al limite di esposizione all’amianto,  eliminando altresì il concetto di “esposizione sporadica e a bassa intensità” per giustificare l’annullamento di alcuni requisiti della direttiva. 

Inoltre, considerando che si vuole adottare a breve anche la proposta del programma Renovation Wave dell’Unione europea (strategia per favorire la riqualificazione energetica degli edifici esistenti, con lo scopo di migliorare le prestazioni ambientali del settore edile per favorire la decarbonizzazione del comparto e allinearsi agli obiettivi di sostenibilità che l’Europa ha fissato per il 2050) tutto appare ancora più illogico e ingiustificato, stante il fatto che quest’ultima aumenterà notevolmente il numero di lavoratori edili che entreranno a contatto con l’amianto mentre demoliscono o ristrutturano “vecchi edifici” che hanno una elevata probabilità di contenere fibre di asbesto (soprattutto se si considera che attualmente il minerale è presente in circa 35 milioni di edifici nell’UE).

Sul limite di esposizione all’amianto non si può tornare indietro

È tempo, allora, che sia a livello europeo che nazionale la politica dia un segnale forte nel voler concretamente fermare questa strage silenziosa. L’amianto è ancora un problema non risolto. Oggi più che mai dobbiamo facilitare un’azione di prevenzione e formazione, condizioni necessarie a formare ed informare i lavoratori per difendersi e tutelarsi concretamente dall’asbesto.  Mantenere un valore di esposizione all’amianto prossimo allo zero (0,001 fibre/cm3) è un primo importante tassello, ma bisogna anche che la prevenzione attraverso la formazione, l’educazione ai comportamenti corretti, la sensibilizzazione nelle scuole e presso gli enti di formazione bilaterale, siano effettivamente attuate e praticate, insieme a più frequenti e capillari attività e campagne di informazione sui territori, non solo per gli addetti ai lavori, ma per tutti i cittadini.

Antonio Ceglia

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