Donne e sicurezza sul lavoro: il dossier dell’INAIL

“Con questo Dossier intendiamo lanciare un segnale di sostegno al mondo del lavoro femminile affinché ogni donna sappia che Inail è al suo fianco per sostenerla nella sua vita professionale e personale”

Così le consigliere Armato e Maione hanno introdotto il nuovo dossier dell’Istituto su Donne e sicurezza sul lavoro, pubblicato proprio in vista dell’8 marzo. Insieme alla consulenza statistico attuariale dell’INAIL, hanno messo a sistema i dati sugli infortuni (sia quelli mensili e provvisori del biennio 2021-2022 che quelli annuali consolidati tra il 2017 e il 2022) sotto la lente di ingrandimento della questione di genere.

Donne e sicurezza sul lavoro: una svolta recente

Questo approccio è una conquista estremamente recente. Poco più di trent’anni fa, le misure in materia di sicurezza si rivolgevano ancora a ‘tutti i lavoratori”, senza distinzioni tra uomini e donne. Solo con il decreto legislativo n.81 del 2008, nato su spinta europea, la normativa ha integrato espliciti riferimenti alle diverse esigenze di lavoratori e lavoratrici.

I numeri del gender gap nella sicurezza

La fatica legislativa riflette in pieno il lento e generale processo di applicazione della parità di trattamento nel mondo del lavoro. Non a caso, il dossier dimostra che le disparità di genere sono un tema assolutamente attuale, specie quando si parla di infortuni.

Ad esempio, l’aumento di denunce nel 2022 ha riguardato per lo più le lavoratrici. L’impennata è stata del 42,9% e probabilmente è correlata al cosiddetto effetto covid. Ossia il virus è circolato soprattutto nei settori ad alta presenza femminile, come quello sanitario, dell’assistenza sociale o delle pulizie, esponendo le donne a un maggiore rischio di contagio. Pandemia e segregazione settoriale, quindi, si sono fatalmente combinate a svantaggio della popolazione femminile.

Lo stesso avviene per i casi di incidenti mortali registrati nel 2021. Infatti, se l’incremento percentuale tra i lavoratori si aggira intorno al 17,3%, quello tra le lavoratrici sfiora il 30%. 

Malattie professionali e differenze di genere

La questione di genere, poi, riemerge in egual modo sui dati delle malattie professionali. Non solo provano che le patologie osteo-muscolari sono le più diffuse, ma anche che ne soffrono di più le donne. In particolare, questi disturbi sono segnalati nel 78% dei casi dai lavoratori, mentre quasi nel 92% dalle lavoratrici. 

Una maggiore incidenza femminile si ripresenta similmente nei disturbi psichici. Nello specifico, sebbene colpiscano quasi ugualmente uomini e donne, la percentuale sul totale delle malattie denunciate è più alta tra le lavoratrici. Parliamo dell’1,3% dei casi a fronte dello 0,3% rilevato nel sesso opposto, praticamente il doppio.

Il rischio di aggressione

Le statistiche sulle aggressioni non restituiscono un quadro diverso. Le donne ne sono più spesso vittime, perché altrettanto spesso svolgono le professioni più a rischio. Queste sono, in primis, quelle sanitarie, seguono poi il lavoro di insegnante e delle specialiste dell’educazione, le impiegate postali, il personale di pulizia, le addette ai servizi di vigilanza e custodia e infine le addette alle vendite e alla ristorazione.

Donne e sicurezza sul lavoro: quali soluzioni?

Per rendere la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro a misura anche di donna, bisogna intervenire su più fronti. 

L’Inail si sta muovendo nella direzione giusta. Con la raccolta disgregata dei dati, contribuisce a una descrizione e un monitoraggio più accurato della condizione femminile sui luoghi di lavoro. Parallelamente è fondamentale seguire le indicazioni della medicina di genere. Si tratta di una branca di studi che analizza le diverse caratteristiche biologiche maschili e femminili ed è utile all’opera di prevenzione. Perché corpi diversi sono esposti a rischi diversi, e bisogna tenerne conto. Ad esempio, uomini e donne non hanno gli stessi meccanismi di assorbimento, metabolismo ed eliminazione degli agenti chimici. Perciò a parità di esposizione, per lavoratori e lavoratrici si dovranno prevedere distinte “soglie” limite. 

Altro aspetto da tenere in considerazione è la partecipazione attiva delle donne ai percorsi di informazione sulla salute e sicurezza sul lavoro, come anche nei relativi processi decisionali. Escludere l’esperienza femminile conduce inevitabilmente a interventi fallaci che peggiorano il fenomeno, già grave, del gender gap. 

Una società equa è una società giusta

Combattere contro la violenza di genere, dentro e fuori i luoghi di lavoro, è dunque una tema di estrema urgenza. Nelle sue molteplici forme ci riguarda tutte e tutti e necessita di uno sforzo collettivo. Perché l’uguaglianza di genere “non è solo una questione etica e valoriale, ma una forma di avanzamento e progresso per una società più consapevole e matura”.

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