Malattie professionali. Cosa sono?

Aumentano le denunce di malattie professionali, secondo l’Inail.

Nel 2021, infatti, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ha registrato 55.288 denunce. Rispetto al 2020 c’è un aumento di 10.000 unità.

Il periodo “estivo” marzo-settembre è quello che ha visto un aumento maggiore, circa un +54% rispetto all’anno precedente.

Mentre il 2020 aveva visto una diminuzione delle patologie denunciate, anche a causa della pandemia e degli stop alle attività produttive, nel corso di quest’anno sono tornate ad aumentare con la ripresa della gran parte dei settori di lavoro.

Tra le patologie maggiormente riscontrate troviamo quelle relative al sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (36.163 casi). A seguire quelle del sistema nervoso (6.337) e dell’orecchio (3.614). Nel 2021 aumento anche i tumori, altro dato purtroppo molto negativo, mentre diminuiscono le patologie del sistema respiratorio.

Le malattie professionali sono latenti, silenziose e spesso ci si accorge di essere in una condizione di “malato” dopo molti mesi. Tuttavia, esistono e vanno valutate adeguatamente per interventi mirati di prevenzione.

Ma cosa sono le malattie professionali?

Se vogliamo dare una definizione standard: “qualsiasi stato morboso che possa essere posto in rapporto causale con lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa”.

La malattia professionale, rispetto all’infortunio, non avviene per una causa violenta e improvvisa ma con un’azione graduale nel tempo.

Le patologie devono essere caratterizzate da una relazione causale tra l’esposizione al rischio lavorativo e la malattia e il fatto che si manifesti nelle lavoratrici e nei lavoratori esposti con una maggior frequenza rispetto al resto della popolazione. La malattia viene riconosciuta quando sono chiari i rapporti causa-effetto rispetto all’ambiente di lavoro.

Come avviene la denuncia? L’iter prevede anzitutto un primo riconoscimento di una correlazione tra malattia e luogo o mansione di lavoro, da parte del medico aziendale o del medico di base. Fatto l’accertamento si procede con l’istruttoria da parte dell’Inail, l’Istituto accreditato per i premi assicurativi sul lavoro.

Quali sono le principali malattie professionali?

Come abbiamo già detto aumentano quelle muscolo-scheletriche e ad influenzare il dato è senz’altro l’effetto della Pandemia che per diversi mesi ha messo migliaia di lavoratori nelle condizioni di lavorare da casa senza avere postazioni adeguate o ergonomicamente corrette.

Ma esistono, purtroppo, ancora malattie di un grado decisamente superiore di pericolosità. Una prima lista era stata inserita in Decreto del Presidente della Repubblica del 1965 (n. 1124/65), aggiornata poi nel corso degli anni con il manifestarsi di nuove condizioni patologiche, con il cambio del sistema produttivo e la conoscenza degli effetti di alcune sostanze.

Le malattie professionali sono presenti in una lista specifica che le divide in:

  • Malattie la cui origine è di elevata probabilità
  • Malattie la cui origine è di limitata probabilità
  • Malattie la cui origine lavorativa è possibile

Tra le malattie correlate al lavoro possiamo trovare:

La prevenzione

Prevenire le malattie professionali è possibile ed è, di fatto, la via migliore per tutelare il personale. L’utilizzo dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) e la formazione adeguata possono fare la differenza.

Non è solo questo, però. Bisogna conoscere bene il tipo di malattia per poter approntare misure specifiche di prevenzione. Gli studi e l’evoluzione medica e scientifica sono, inoltre, essenziali per sviluppare diagnosi tempestive e cure mirate.

Dunque, prevenire si può per il rispetto della vita delle persone.

Ma prevenire, da un punto di vista aziendale, è anche un modo per “risparmiare” e permette un miglioramento delle prestazioni e della redditività.

Malattie, infortuni, infortuni mortali ed incidenti hanno un costo diretto (sanitario), derivato dalla perdita di produttività e/o riduzione della produzione, costi basati sulle conseguenze sulla vita e sulla salute delle persone. Costi che gravano sulle persone, sulle aziende e sul Paese.

L’Agenzia Europea per la Salute e Sicurezza (EU-OSHA) ha stimato che il 3,9 % del PIL mondiale e il 3,3 % del PIL dell’UE corrispondono al costo sociale degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.

Investire nella prevenzione e, dunque, nella salute e sicurezza delle persone, oltre ad essere un obbligo è anche un sistema più che efficace per ridurre altro tipo di costi.

Secondo l’Agenzia, infatti, per ogni euro investito nella prevenzione a tutela della salute e sicurezza c’è un ritorno economico di 2,2 euro.

Può essere un incentivo in più? Sicuramente. Senza dimenticare, però, che il diritto alla sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori dovrebbe essere in cima a qualsiasi tipo di organizzazione aziendale.

Redazione Zero Morti

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