Salute mentale e status socioeconomico: lo studio dell’EU-OSHA.
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Sicurezza sul lavoro e lotta alle disuguaglianze sono vasi comunicanti. Lo svantaggio economico di lavoratrici e lavoratori a bassa qualifica è una variabile determinante la loro maggiore esposizione a rischi, anche psicologici. Tuttavia, nonostante la consapevolezza di questa relazione, sono ancora pochi gli studi che ne approfondiscono cause ed effetti.
L’EU-OSHA ha provato a colmare il gap, nella sua ultima pubblicazione sull’ “Esposizione ai rischi psicosociali dei lavoratori europei con basso status socioeconomico”. Lo ha fatto tenendo in considerazione anche l’esperienza pandemica e il processo di digitalizzazione, per sistematizzare una guida dettagliata ed efficace in materia.
Innanzitutto, l’Agenzia europea riporta una rassegna della letteratura che ha individuato un circolo vizioso tra status socioeconomico, condizioni di lavoro e salute generale. Chi appartiene ai ceti meno abbienti tenderà ad avere condizioni sia di vita che di lavoro meno salutari, diventando più vulnerabile ai rischi psico-fisici. Al diminuire di variabili come il livello di istruzione, retribuzione e autonomia nelle mansioni, corrisponde un peggioramento dello status di salute. Nel dettaglio, modalità di organizzazione, relazioni sociali e insicurezza del lavoro incidono sul benessere psicofisico molto più di quanto si è sempre creduto.
L’EU-OSHA passa poi ad analizzare le caratteristiche specifiche della correlazione tra salute mentale, status socioeconomico e tipo di occupazione. A tal proposito, segnala uno studio svedese del 2021 che ha rilevato un maggiore bisogno di antidepressivi e cure psichiatriche tra chi svolge mansioni manuali. A livello settoriale, invece, si registra un picco di disturbi mentali tra i dipendenti impiegati nei servizi sociali e sanitari. Infine, un altro dato interessante lo rivela uno studio condotto da Greiner e Arensman nel 2022 che correla l’occupazione a bassa qualifica in ambiti quali salute, edilizia, manifattura e agricoltura, con un maggiore rischio di suicidi. Risultati pienamente in linea con le ricerche di De Moortel che nel 2014 aveva evidenziato una diretta interdipendenza tra low skill jobs e benessere mentale. In sintesi, meno qualificato è il lavoro, più è a rischio la salute psichica di chi lo svolge.
I soggetti più a rischio: le donne.
La riflessione di genere diventa allora ineludibile. Questo perché la segregazione settoriale e verticale costringe le donne a mansioni precarie, mal-retribuite o con part time involontari. Perciò, inficiato il loro status socioeconomico, è più a rischio il loro benessere mentale. Non a caso, la popolazione femminile tende ad essere impiegata in settori come quello dei servizi sociosanitari, dove l’impegno emotivo e fisico delle mansioni implica – come sopraddetto – una maggiore incidenza dei problemi psicologici. Tra l’altro, allo stress lavorativo va sommato il carico del lavoro di cura che ricade sistematicamente sulle donne con annessa difficoltà di conciliazione tra vita privata e professionale. Tutti fattori che testimoniano il riproporsi del gender gap anche in questo campo di analisi.
È chiaro, però, che ciò non significa negare o sottovalutare i disturbi psicologici a cui possono essere esposti i lavoratori. Anzi, indagare come i ruoli culturalmente determinati per uomini e donne si riverberano sul benessere mentale nei luoghi di lavoro, permette di individuare i rischi specifici dei due sessi. In particolare, è emerso che la salute psichica degli uomini è più vulnerabile in caso di occupazione precaria, lunghe ore di lavoro e mansioni con un basso supporto.
I giovani e il settore terziario
L’agenzia europea inserisce poi i contributi in letteratura che si sono interessati dei rischi psico-sociali a cui è stata esposta la popolazione più giovane dopo l’avvento della pandemia. Infatti, l’impatto del covid 19 ha colpito in special modo il settore del turismo e della ristorazione, dove la forza lavoro è composta prevalentemente da ragazzi e ragazze assunti a termine. Una condizione di instabilità e insicurezza sociale peggiorata con la crisi pandemica e pagata a caro prezzo dal loro equilibrio emotivo e psicologico. Altre ricerche, invece, hanno evidenziato che sempre i giovani subiscono più di frequente episodi di bullismo da parte di colleghi e supervisori. Un dato accompagnato da più alto rischio di molestie e trattamenti iniqui con immediate conseguenze sulla loro salute mentale.
Proseguendo l’attenta analisi dei soggetti più vulnerabili, l’EU-OSHA riassume i risultati più rilevanti in merito alla condizione dei lavoratori e delle lavoratrici migranti. Ansia, depressione e altri disturbi psicologici sono diffusi in questa categoria in primis per le condizioni di lavoro precarie e a bassa retribuzione a cui sono spesso sottoposti. Ma non solo. Una ricerca francese ha dimostrato che anche lavoratrici e lavoratori migranti ad alta qualifica, quindi con uno status socio-economico dignitoso, sono più esposti a forme di stress, sovraccarico e disturbi mentali, specie se di etnia africana. In questo caso, purtroppo, è legittimo ipotizzare l’influenza di bias razzisti che aggravano la condizione di rischio dei dipendenti stranieri.
L’intera analisi è poi messa a sistema, individuando le possibili misure preventive e di protezione a tutela dei soggetti più vulnerabili. In primo luogo, è cruciale una conoscenza minuziosa delle specificità di ciascun settore e mansione. Si tratta di una condizione imprescindibile per un’azione efficace di eliminazione e riduzione di eventuali danni psicologici. Secondo poi, è altrettanto importante predisporre per lavoratrici e lavoratori gli adeguati canali di comunicazione per segnalare situazioni di rischio. Una dinamica possibile quando l’organizzazione del lavoro si basa su relazioni sociali propositive e un assiduo dialogo tra datori e dipendenti.
Ancora sul fronte della prevenzione, è essenziale distribuire compiti e mansioni evitando carichi di lavoro eccessivi. Il fine è garantire un buon equilibrio tra vita privata e vita professionale, cruciale per il benessere mentale. Oggi è possibile grazie alla rivoluzione digitale che ci permette di facilitare e velocizzare molte operazioni e fasi dei processi produttivi. Il vantaggio è una giornata di lavoro più sostenibile che è provato apporta benefici anche alla produttività. Con lo stesso obiettivo, devono essere accessibili soggetti e procedure utili a contrastare forme di bullismo, molestie e discriminazioni. In conclusione, non va sottovalutata la mancanza di consapevolezza sull’importanza della salute mentale. La formazione della forza lavoro non deve trascurare l’acquisizione di tutte le conoscenze e gli strumenti validi ad abbattere ogni pregiudizio o ignoranza sul tema del benessere psicologico.