Centrali Idroelettriche: rischi e problematiche per i lavoratori
In Italia si contano più di 500 grandi dighe con sbarramenti alti più di 15 metri e/o con un invaso di oltre 1 milione di metri cubi (nel mondo sono oltre 40.000) e circa 10.000 piccole dighe che costituiscono i bacini per delle centrali idroelettriche.
Sono in migliaia i lavoratori interessati in questo settore che ricoprono diversi ruoli all’interno dei reparti di manutenzione e produzione di elettricità attraverso i bacini d’acqua.
Lo stesso luogo di lavoro in questo caso può essere a rischio considerando in una riflessione più ampia sia i cambiamenti climatici, sia la struttura idrogeologica del nostro territorio.
IL DISASTRO DEL VAJONT
In molti ancora ricordiamo quello che poi è stato definito il “Disastro del Vajont” nella valle tra il Friuli Venezia Giulia e Veneto.
La sera del 9 ottobre 1963, infatti, una frana sopra il pendio del Monte Toc adiacente la diga del bacino idroelettrico del torrente Vajont face tracimare l’acqua che si riversò nei paesi sottostanti (Erto e Casso) fino al fondovalle veneto.
La distruzione di tutto il territorio provocò la morte di 1910 persone, tra cui 487 ragazzi sotto i 15 anni.
Il disastro del Vajont mise in evidenza la necessità di fare analisi dettagliate del territorio per evitare rischi idrogeologici a causa delle caratteristiche morfologiche.
LA CENTRALE IDROELETTRICA
Per produrre energia da un bacino artificiale occorre realizzare una centrale idroelettrica con una condotta forzata in grado di convogliare le acque prese dal bacino in una o più turbine con eliche che possono attivare, ruotando, dei generatori elettrici.
Per trasformare, però, l’energia cinetica in energia elettrica è necessario l’intervento di diversi macchinari, nonché il lavoro dell’uomo.
Il flusso dell’acqua viene regolato da saracinesche comandate da sistemi idraulici e la rotazione delle turbine viene controllato da un sistema di cuscinetti e da regolatori e freni anch’essi comandati idraulicamente. Il surriscaldamento delle parti in movimento e di quelle sotto tensione deve essere evitato anche grazie a sistemi di raffreddamento ad aria forzata. Lo schema più generale di una centrale idroelettrica prevede quindi un bacino di accumulo, uno sbarra[1]mento una condotta forzata, una centrale di produzione dell’energia e una stazione di trasformazione dell’energia. Nel bacino vengono continuamente monitorati il bilancio idrogeologico del bacino imbrifero e le condizioni geomorfologiche a monte, l’eventuale accumulo di sedimenti e per i bacini montani la presenza di ghiaccio. A seconda della tipologia costruttiva nello sbarramento è necessario controllare la stabilità del manufatto, il mantenimento delle condizioni di impermeabilità attraverso una rete di sensori ed in alcuni casi attraversando appositi cunicoli di ispezione. La condotta forzata viene ispezionata per prevenire danni dovuti all’invecchiamento, alla stabilità del versante ed anche agli effetti delle variazioni di portata (colpi d’ariete). Nella stazione di trasformazione la corrente elettrica prodotta viene trasformata, aumentandone il voltaggio, rendendola idonea al trasferimento mediante gli elettrodotti. Nelle dighe di recente costruzione o in quelle che sono state successivamente ristrutturate esiste una rete di sensori in grado di monitorare tutte le parti ed una rete di dispositivi di regolazione e sicurezza in grado di agire prevalentemente sulle portate d’acqua o di azionare in emergenza uno svuotamento rapido del bacino.
RISCHI PER I LAVORATORI DELLE CENTRALI IDROELETTRICHE
Nell’ambito del Piano delle attività di Ricerca Inail per il triennio 2022-2024 il laboratorio V del Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit), in collaborazione con la Unità Operativa Territoriale Inail di Avellino, sta sviluppando un approfondimento sulla valutazione dei rischi a cui sono esposti i lavoratori delle centrali idroelettriche.
La centrale elettrica presenta rischi che possono essere molto simili a quelli di grosse attività industriali ed altri specificamente legati all’attività. È importante evidenziare i rischi tipici di attività all’aperto ed in particolare l’esposizione alle basse temperature nella stagione invernale, ed a causa dei cambiamenti climatici, anche di temperature elevate nella stagione estiva. Le attività lungo il bacino espongono anche a rischi legati alla praticabilità dei luoghi. Negli ambienti al chiuso sono pur presenti i rischi termici e sono anche da verificare la stabilità delle strutture, la presenza di luoghi idonei per permanenza dei lavoratori (refettori, dormitori, servizi igienici ecc.) e di idonee vie di fuga in caso di emergenza. I livelli di rumore, in prossimità delle turbine, sono normalmente superiori a 70 dB di livello equivalente ma possono variare a causa della geometria degli ambienti e soprattutto dello stato di usura delle parti in movimento.
Durante, inoltre, le fasi di manutenzione i lavoratori sono esposti a rischi specifici:
- caduta dall’alto nell’uso di scale o di trabattelli o piattaforme o comunque da zone in quota con presenza o meno di parapetti;
- scivolamento per superfici sconnesse o con presenza di liquidi scivolosi;
- caduta di oggetti più o meno voluminosi durante le operazioni di sollevamento di parti delle attrezzature;
- traumi legati all’uso di utensili manuali;
- rischio chimico connesso all’utilizzo di lubrificanti, vernici ecc. e all’inalazione di polveri;
- rischi connessi all’uso di attrezzature a pressione;
- rischio elettrico.
Inoltre, anche gli spostamenti per raggiungere gli invasi e le centrali idroelettriche possono essere occasione d’infortunio che possono risentire fortemente delle condizioni climatiche: nebbia, pioggia, gelo, neve
Concordemente con i dati statistici nel quinquennio 2017-2021, i primi dati emersi dal lavoro confermano la prevalenza di eventi infortunistici conseguenti ad impatti che provocano lussazioni, fratture ed altri traumi agli arti ed alla colonna vertebrale e per le malattie professionali una prevalenza di patologie a carico del sistema osteoarticolare, di malattie oncologiche e del sistema uditivo e del sistema respiratorio.
Manuela Tiberi