Giornata mondiale contro il lavoro minorile: è un problema anche italiano
Le origini
Il 12 giugno del 2002 l’Organizzazione Internazionale del Lavoro istituì la giornata mondiale contro il lavoro minorile. Il fine era richiamare l’attenzione della Comunità Internazionale sulla necessità di uno sforzo collettivo per l’eliminazione di questo aberrante fenomeno. Dopo ben vent’anni, l’impegno dell’ILO è più che mai attuale. Oggi, nel mondo, si contano 160 milioni di minori costretti al lavoro. Uno su dieci ha solo cinque anni e quasi la metà corre seri rischi per la propria integrità fisica e mentale. Parliamo di intere generazioni traumatizzate dalla fatica e private del loro diritto a un’infanzia felice. E la situazione potrebbe peggiorare. Unicef e ILO hanno stimato che entro la fine dell’anno, a causa dell’impatto sociale della pandemia, il numero di minori sfruttati potrebbe salire a 168 milioni.
La lotta al lavoro minorile oggi
Perciò continua la battaglia dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro per dare un risvolto concreto al significato della giornata mondiale contro il lavoro minorile del 12 giugno. Quest’anno la sua campagna di informazione si è focalizzata sulla stretta connessione del fenomeno con la povertà. Infatti, sono la fame e l’indigenza che inchiodano i più piccoli alle catene di montaggio o alla dura vita nei campi. La soluzione è una sola: investire sullo sviluppo di sistemi di protezione sociale che garantiscano salute, spensieratezza e istruzione nell’età dell’infanzia.
Non solo nei paesi più poveri
Ma lo spettro del lavoro minorile non pesa solo sui paesi più poveri. Se in America Latina, Africa e Asia le statistiche sono raccapriccianti, nel mondo occidentale non dimostrano che il fenomeno sia debellato. Infatti, in Europa e Nord America, nel 2020, lavoravano ben 3,8 milioni di bambini e adolescenti. Più nello specifico, riguardo il contesto italiano, è una ricerca dell’associazione Bruno Trentin, in collaborazione con Save the Children, a fornire dati allarmanti. Le due organizzazioni hanno stimato che in Italia nel 2013 lavoravano circa 340 mila adolescenti al di sotto dei 16 anni, di cui 28 mila coinvolti in lavori rischiosi per la loro salute e sicurezza. Tra i settori professionali più compromessi figuravano quello domestico, la ristorazione e l’attività di vendita.
Inevitabilmente il tempo e le energie dedicate al lavoro sono sottratte alla scuola e al tempo libero. Il 2,5% dei minori intervistati ha dichiarato di aver totalmente rinunciato agli studi, mentre la stragrande maggioranza lavora nei giorni di vacanza o durante i giorni di scuola.
Sicurezza sul lavoro e tirocini
A complicare ulteriormente il quadro sono stati gli incidenti, anche fatali, che si sono verificati nel corso dei cosiddetti “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” (PCTO). Solo nei primi quattro mesi del 2022, L’INAIL ha registrato più di 27 mila denunce per infortuni sul lavoro nella fascia d’età tra i 14 e i 19 anni. Purtroppo, quattro hanno avuto un esito mortale. Si tratta di un altro problema tutto italiano, nel macro-tema del lavoro minorile: la necessità di un’adeguata formazione professionale per lo svolgimento dei tirocini. Gli stage di apprendistato, se imposti senza la dovuta preparazione tecnica, possono trasformarsi in pericolosi fattori di rischio per la sicurezza e la salute sul lavoro degli studenti. Un enorme passo indietro nella tutela dei diritti sociali che è assolutamente inammissibile.