Modifiche all’articolo 41 della Costituzione italiana: possibili nuove tutele per la sicurezza sul lavoro?

E se le recenti modifiche agli articoli della Costituzione interessassero anche la salute e la sicurezza sul lavoro e non solo l’ambiente?

Si è parlato molto della modifica costituzionale dello scorso 8 febbraio 2022 che ha finalmente inserito, all’articolo 9, la tutela dell’ambiente tra i principi fondanti della Costituzione italiana. L’articolo 41, ora aggiornato, sancisce che il diritto all’iniziativa economica privata non può esercitarsi quando in danno all’ambiente e alla salute. Una modifica che apre a nuovi scenari nel rispetto della sostenibilità presente e delle future generazioni.

Presi dall’entusiasmo di un traguardo così importante per il nostro Paese, si è prestata meno attenzione alla parola “salute” inserita nel testo modificato dell’articolo 41. La premessa è che, verosimilmente, questa modifica è stata anch’essa pensata in rapporto alla tutela dell’ambiente. Tuttavia, contestualizzata nell’articolo che prevede l’iniziativa economica privata e i suoi limiti, forse può avere risvolti più ampi estendendo la sua tutela anche alla sicurezza sul lavoro. Proviamo a ragionarci insieme.

In materia di sicurezza sul lavoro la normativa di riferimento è il Testo Unico sulla sicurezza (d.lgs 81/08). A sua volta il T.U. trova fondamento in alcuni principi costituzionali. In particolare:

  • l’art. 35 della Costituzione che garantisce la tutela del lavoro “in tutte le sue forme e applicazioni”;
  • l’art. 41 che, già prima della modifica dell’8 febbraio, stabiliva che l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Dunque, cosa cambia adesso?

Prima di provare a dare una risposta è importante chiarire cosa intendiamo con “iniziativa economica privata”. Il testo dell’art.41 fa riferimento alla libertà dei privati di intraprendere qualsivoglia attività d’impresa con lo scopo di realizzare un profitto.

Qui il primo problema: quali attività d’impresa rientrano nella fattispecie in esame? A quali attività si estendono i limiti previsti da questa norma costituzionale?

Ci sono, infatti, diversi orientamenti. Uno di questi, accreditato da alcune pronunce della Corte costituzionale, estende l’applicazione dell’art. 41 a qualsiasi tipo di attività dal quale possano derivare vantaggi economici per chi la svolge, comprendendovi anche il lavoro subordinato e l’esercizio di una professione.

In linea con questo orientamento, l’ultima revisione alla Costituzione laddove stabilisce che “l’iniziativa economica privata non può svolgersi […] in modo da arrecare danno alla salute” rafforza ulteriormente anche la sicurezza sui luoghi di lavoro. Significa, infatti, consolidare l’idea che nessun datore di lavoro può mettere a rischio, e in nessun modo, la salute dei lavoratori nell’esercizio della propria attività d’impresa. Significa affermare con maggiore incisività che la salute e la sicurezza vengono prima di qualsiasi profitto.

Questa modifica all’art. 41 della Costituzione pone un ulteriore argine allo strapotere delle aziende e dei datori di lavoro che troppo spesso inseguono il denaro anche a costo della vita dei lavoratori e della dignità del lavoro stesso. Mai più tragedie come quella accaduta a Seveso e Meda nel 1976, dove, per inseguire una maggiore produttività e ulteriori profitti, si è distrutta la salute dell’ecosistema e la vita di tantissime persone e famiglie. Episodi come quello di Luana, morta sul lavoro dopo essere stata trascinata per i capelli dall’orditoio manomesso e privato del cancello di protezione, non dovranno più accadere.

Vincolare esplicitamente l’attività d’impresa e il profitto al rispetto della salute – oltre che dell’ambiente – è una piccola grande vittoria di civiltà. Basta sacrificare la vita in nome di un vantaggio economico. Basta morti sul lavoro.

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