Giovani e inclusione: uno sguardo sul mondo del lavoro dalla prospettiva delle nuove generazioni
Giovani e inclusione, un binomio difficile, soprattutto in Italia.
L’Italia di fatto non è un Paese per giovani. Un’affermazione forte che tuttavia viene sostenuta, almeno per quanto riguarda il mondo del lavoro, dai dati Istat: ad oggi la disoccupazione giovanile italiana è al 21,9%, decisamente alta se confrontata con la media dell’Eurozona pari al 14%. A questo si aggiungono i dati dei cosiddetti NEET, coloro che non studiano e non lavorano (in Italia sono il 19% dei giovani ricompresi tra i 15 e i 29 anni) per i quali sussiste un concreto rischio di rimanere fuori dal mercato del lavoro.
Così, piuttosto che ragionare su come instaurare politiche di integrazione ed inclusione mirate a tutelare le necessità e i possibili rischi sul lavoro per le nuove generazioni, si finisce, con troppa facilità, nell’etichettare i giovani come “choosy” – dall’inglese, esigenti, pretenziosi, pigri o, come direbbero altri, “bamboccioni”. Una retorica semplicista che impedisce di riconoscere le vere cause del problema, deresponsabilizza istituzioni e collettività finendo con il danneggiare tanto i giovani quanto le aziende stesse.
Millennials e Gen Z: parole d’ordine diversità, equità, inclusione e sostenibilità
Non solo salari equi e dignitosi, oggi i giovani sono molto più sensibili a tematiche di inclusione, equità e rispetto della diversità: fattori che ricercano anche nel mondo del lavoro.
Cosa significa nel concreto?
I datori di lavoro devono prestare particolare attenzione a creare contesti lavorativi dove c’è apertura e confronto, in cui si possono dare e ricevere feedback sentendosi liberi di poter dire la propria. Cresciuti in un mondo in cui l’abbattimento delle barriere geografiche grazie alla rete è la normalità, i giovani oggi ricercano realtà dove ci sia anche più attenzione all’integrazione di diverse culture, senza pregiudizi di ogni sorta, con spazi gender-neutral e una contrattazione di secondo livello che offra benefit alla pari, perché tutti sono sullo stesso piano.
Infine, i giovani oggi – soprattutto la cosiddetta Gen Z – sono molto più attenti alle questioni sociali e ambientali: il Pianeta è uno solo, è dovere di tutti renderlo un posto migliore.
Non solo lavoro, si vive una volta sola!
Si vive una sola volta, si dice. Una presa di coscienza molto radicata nelle nuove generazioni dove il concetto stesso di sostenibilità trova forse una più completa accezione, ben oltre il tema del cambiamento climatico. Infatti, nonostante siano la generazione del “sempre connessi” i giovani riconoscono il valore della disconnessione e del benessere psico-fisico. I contesti aziendali, dunque, devono dimostrarsi in grado di dare il giusto valore ai temi della salute mentale e all’equilibro vita-lavoro, una priorità assoluta per i più giovani che – soprattutto dopo la crisi pandemica degli anni appena passati – vedono il lavoro come uno degli elementi della vita: importante, senza dubbio, ma che non può monopolizzare tutto il tempo di una giornata privandoli dei propri interessi, aspirazioni e sogni.
Italia: un mercato del lavoro ostile ai giovani
Fino ad ora abbiamo parlato di cosa le nuove generazioni ricercano in un contesto di lavoro. Se ci fermassimo solamente a questi elementi finiremmo anche noi con il rafforzare l’idea che siano troppo esigenti, ma non è così.
Soprattutto nel nostro Paese, fra i fattori che gravano sull’inclusione dei giovani nel mondo del lavoro ce ne sono molti: scarsa efficacia dei canali di supporto alla ricerca del lavoro, disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, assenza di asset strategici industriali che certamente non aiutano a creare occupazione sul territorio italiano, inadeguatezza di una classe politica che raramente pensa ai nostri giovani. Solo per citarne alcuni, ma la lista è ben più lunga.
Tra i molti, uno, in particolare, è di vitale importanza: la sicurezza sul lavoro.
Le statistiche, infatti, dimostrano come i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni siano maggiormente a rischio di subire un grave infortunio sul lavoro. Incidenti imputabili, molto spesso, ad una scarsa, se non del tutto assente, formazione sui luoghi di lavoro. Occorre, quindi, non gettare i giovani allo sbaraglio nel nuovo contesto di lavoro: hanno bisogno di un tutor che li affianchi, che li segua e aiuti loro a sviluppare competenze e conoscenze per poter lavorare al meglio. Su questo punto diventa importante anche il ruolo della scuola e dei genitori, i primi educatori cui spetta introdurre i giovani ai temi della sicurezza e alla conoscenza dei propri diritti e delle proprie responsabilità, anche sul mondo del lavoro.
Parallelamente è fondamentale procedere ad una attenta valutazione dei rischi e predisporre tutte le condizioni per rendere i contesti di lavoro sicuri – un dovere del datore di lavoro ad essere precisi. Significa, non soltanto rimuovere o ammortizzare il più possibile i potenziali pericoli per la salute dei giovani, ma anche, come detto in precedenza, porre particolare cura al benessere psicologico di giovani lavoratrici e lavoratori (e di tutti!).
Inclusione e giovani: conclusioni
L’inclusione delle nuove generazioni è sicuramente un processo lungo e complesso nel quale, ovviamente, anche politica e istituzioni non posso esimersi dal fare la loro parte. L’impegno verso le tematiche di cui abbiamo trattato è il primo passo per riuscire a creare una società realmente a dimensione delle nuove generazioni. Così pensiamo al loro futuro e a quello dell’intero Paese.