Sicurezza sul lavoro: intervista a Guglielmo LOY, Presidente del CIV Inail

Guglielmo Loy è il Presidente dell’organo che definisce le linee di indirizzo e determina gli obiettivi strategici pluriennali dell’Inail. Insieme a lui abbiamo provato a ragionare sui temi cruciali della sicurezza sul lavoro, su cosa non funziona e come migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori. Non ultimo come portare a zero gli infortuni e gli incidenti mortali sul lavoro.

1006 morti e oltre 600mila infortuni sul lavoro da gennaio a novembre 2022. Che tipo di interventi servono per frenare questa scia?

Siamo di fronte ad una situazione che può apparire paradossale: dopo anni in cui il fenomeno infortunistico ha visto calare in maniera significativa il dato delle denunce da 7/8 anni si è di fronte ad una stabilizzazione che lascia aperti molti interrogativi sulla sicurezza sul lavoro. Pur in presenza di oggettive innovazioni tecniche e tecnologiche, anche in settori maturi (edilizia e agricoltura in particolare) la stabilità dei dati colpisce, ovviamente, per la drammaticità anche degli infortuni mortali. Siamo di fronte, come accennato, ad una graduale ma costante innovazione tecnologica che ha visto, anzi vede, crescere l’uso del digitale in molte (anche se non tutte) attività produttive. Evidentemente, quindi, sono altri e molteplici i fattori che impediscono una riduzione degli infortuni e sui quali occorre, rapidamente, riflettere. Ne cito alcuni sapendo che nessuno è decisivo, ma insieme compongono il paniere delle cause: ritmi di lavoro, mancata formazione tecnica, insufficiente informazione e formazione, lavoro a termine nelle varie forme, debolezza delle strutture di controllo. Il tema delle azioni di prevenzione sulla sicurezza è, naturalmente, connesso al quadro socio economico del paese, all’andamento della contrattazione, alle urgenze che la situazione economica e sociale pongono.

Sono stati fatti alcuni passi in avanti per arginare il fenomeno, ma l’andamento non sembra diminuire. Come mai questi sforzi risultano vani?

La strumentazione normativa è considerata avanzata, decreto legislativo 81/2008 in primis. Vi è, soprattutto, una rete, che possiamo sintetizzare come quella del “dialogo sociale”, in senso lato, radicata e strutturata: contrattazione nazionale e decentrata, rete della bilateralità, organismi paritetici, rappresentanti della sicurezza aziendali e territoriali. Quindi, da queste infrastrutture, unitamente alle Istituzioni preposte, a partire da Inail, si deve partire per fare quel necessario e decisivo salto di qualità nel contrastare i fenomeni infortunistici. Va mantenuta alta l’attenzione e va salvaguardata questa rete ma, senz’altro, si dovrà aumentare anche la quota di investimenti in prevenzione, formazione ed informazione rivedendo, inoltre, la modalità con cui lo Stato organizza la vigilanza, sia preventiva che a campione, verso le imprese.

Gli infortuni sul lavoro sono in aumento tra i più giovani, per la precisione, sono incrementati gli incidenti mortali nella fascia di età tra i 25 e i 39 anni e tra gli under 20. C’è un collegamento tra infortuni e precarietà e irregolarità del lavoro “offerti” ai giovani? 

Se la formazione è uno di cardini per fornire ai lavoratori strumenti utili a prevenire gli infortuni è evidente che un lavoro “breve” ha meno occasioni di incontro con l’azione formativa. Ci sono buone prassi, ma è necessario che la contrattazione regoli ancora meglio questa delicatissima area del lavoro. Oltre, naturalmente, una regolazione del lavoro a termine che coniughi i diritti e le tutele con la necessaria flessibilità.

Perché la sicurezza è considerata un costo e non un investimento?

In molti settori, a basso valore aggiunto e sottoposto a forte competitività (penso alle filiere esposte su un mercato di affidamenti ed appalti) ogni euro, in una visione miope, può fare la differenza. Un fenomeno ed un costume che va contrastato. Però, allo stesso tempo, è anche necessario offrire servizi ed opportunità alle imprese, soprattutto micro, che più che virtuose definirei serie.

A tal proposito, il PNRR potrebbe rappresentare un’opportunità per investire in salute e sicurezza sul lavoro?

Assolutamente. tra gli assi individuati vi è il tema della salute in generale e della sicurezza in particolare. Ricominciare ad investire in salute, nella rete sanitaria pubblica (in tutte le sue articolazioni) è il primo passo. Poi, rafforzare la rete partecipativa delle parti sociali. In parte ciò si sta concretizzando anche attraverso intese triangolari, Inail, Impresa e organizzazioni sindacali in grandi aziende driver coinvolte nelle opere infrastrutturali, come Ferrovie, Aeroporti di Roma. Enel, Eni per sperimentare, ed implementare, ulteriori misure di prevenzione ed anche per promuovere ricerca applicata sul campo di nuovi dispositivi. Tutto ciò, ovviamente, da estendere alle aziende impegnate in appalti.

L’INAIL è molto attenta anche ai problemi legati ai rischi psicosociali. Come si sta muovendo?

Le persone, o i familiari, colpiti da infortunio o malattie professionali invalidanti sono un trauma sia dal punto di vista economico che da quello personale e, appunto, psicologico e sociale. Vi è un tema, quello del reinserimento professionale (precondizione per reinserimento sociale che va perseguito con maggiore energia e forza. Inail promuove bandi che “invitano e stimolano” le imprese ad operare, anche attraverso innovazioni tecnologiche ed ausili, per un rapido reinserimento nel sistema produttivo. Diciamoci, però, che questi bandi per vari motivi non sembrano attrattivi e bisogna innovare probabilmente procedure e comunicazione. Altra questione è invece il supporto psico sociale che necessita di un’urgente e diffusa implementazione di professionalità nell’istituto: assistenti sociali e psicologi innanzitutto poiché è evidente che il trauma vissuto non può avere solo una, doverosa, risposta di natura economica.

Sicurezza sul lavoro e innovazione tecnologica. Come la ricerca può contribuire alla prevenzione degli incidenti sul lavoro?

Dei tre assi strategici e fondamentali: prevenzione, formazione, innovazione, quest’ultimo merita una attenzione particolare. Nei mesi scorsi INAIL ha esposto attraverso una grande iniziativa, alla presenza del presidente della Repubblica, il lavoro fatto dai propri bravissimi ricercatori su modelli innovativi, frutto appunto della Ricerca svolta sia nei propri centri che in collaborazione con Università e centri di eccellenza (Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e Pisa, ad esempio). Ricerca che anche in settori maturi come edilizia ed agricoltura può contribuire a ridurre il rischio di infortuni. Attività che, anche in questo caso, deve legarsi alle azioni delle realtà bilaterali specializzate sui temi sia della formazione che della ricerca.

Come si inseriscono gli obiettivi dell’INAIL rispetto al quadro strategico dell’Ue in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027?

Inail è il referente italiano per il piano e quindi è lo strumento, pubblico e universale, su cui si poggia la infrastruttura della necessaria azione di tutela e prevenzione. Si deve però fare di più e meglio, a partire dalla crescita di investimenti, possibili per l’ampia disponibilità di risorse proprie, da destinare, appunto, alla prevenzione, alla ricerca, alla formazione ed all’informazione. 

Qual è la vera sfida del lavoro del futuro?

Analizzare il grande “cambiamento” dei sistemi produttivi, capire quali nuovi rischi si affacciano, adeguare le politiche di prevenzione al lavoro che cambia. Sfida complessa, ma decisiva. Proprio questo sarà il tema delle prossime iniziative del Consiglio d’Indirizzo e Vigilanza dell’Inail.

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