La sicurezza in ospedale
Ne parliamo con il dott. Alfredo Gioiosa, Rls della Asl Roma1
Quali sono i rischi per la sicurezza dei lavoratori della sanità?
La sicurezza negli ospedali e i rischi correlati in ambito sanitario sono propri di ciascuna area di specializzazione medico-clinica.
Dopo ogni valutazione dei singoli ambienti di lavoro, devono essere valutati anche i rischi per i degenti, per i visitatori e per ciascun attore che accede nei vari spazi per motivi di lavoro, divulgativo e di insegnamento.
Va detto che molti rischi possono essere contenuti con l’uso sistematico dei dispositivi di protezione individuali (DPI). Anche il progresso tecnologico contribuisce alla riduzione dei rischi. A tal proposito è da citare la radiologia, ove le fonti radiogene hanno una emissione di radiazioni molto contenuta e meno dispersiva nell’ambiente di lavoro. Sicuramente, vanno considerati i rischi insiti nella vetustà degli edifici e, di conseguenza, degli ascensori, degli spazi di deambulazione interni ed esterni.
È cronaca degli ultimi giorni: le aggressioni negli ambienti di pronto soccorso. Come si è arrivati a questo? Quali sono le maggiori criticità?
Da quando negli ospedali non vi sono più i presidi fissi delle forze dell’ordine sono aumentati i rischi del personale operante nei pronto soccorso. Purtroppo, la cronaca ne è testimone, la maggior parte degli infortuni in ambito ospedaliero si riscontrano proprio in questi ambienti, poiché facilmente accessibili dal pubblico e non vigilati dalle forze dell’ordine. Inoltre, il personale è sovraccaricato dalle attività assistenziali e soprattutto nelle notti e nei giorni festivi non è in numero adeguato. Ne consegue che spesso i sanitari vengono aggrediti da persone esagitate.
Nei pronto soccorso confluiscono tutti: malati psichiatrici, alcolisti, drogati, feriti, anziani e tutte le tipologie di persone che necessitano di cure mediche. Negli attuali Ps non esistono spazi dedicati all’esclusiva cura di persone con disagio mentale e/o comportamentale. Ne consegue che anche il ferito o il cittadino che è sottoposto ad un esame medico può rischiare al pari del personale sanitario. Sarebbe auspicabile che i Ps avessero delle aree dedicate ai soli malati con disagi mentali e comportamentali. Altresì sarebbe opportuno che le aree dedicate al Triage (valutazione obiettiva della gravità delle patologie riferite e/o condizioni cliniche di coloro che accedono ai Ps) fossero distinte in modo netto da quelle per le urgenze come i codici rossi o i codici blu (ovvero il paziente in fase di rianimazione, il ferito grave e quelli in arresto cardio circolatorio), ciò eviterebbe lo shock emotivo delle persone che si trovano lì.
Un’altra criticità dei Ps è la assenza di privacy sia dei ricoverati in attesa di posto letto, sia di coloro che sono in terapia medica e che stazionano negli ambienti attigui alle camere di visita medica/diagnostica e/o terapia d’urgenza. Molto spesso rimangono nei corridoi, ove è difficoltoso per i sanitari seguirli, soprattutto durante la somministrazione del vitto o nell’assistenza ai loro bisogni fisiologici. Purtroppo, queste situazioni sono molto rischiose per i sanitari per i rischi legati alle tipologie di barelle usate in questi ambienti. Le barelle sono strette e non permettono l’assistenza del malato in sicurezza, in tal senso vanno considerati anche i rischi legati alla movimentazione delle barelle negli ambienti affollati. Anche alcuni arredi dei Ps sono pericolosi, ad esempio le aste sorreggi flebo. Spesso non sono fisse alle barelle, ma sono dotate di proprie ruote che, oltre a rappresentare un pericolo di inciampo, possono anche essere usate come corpi contundenti.
Quali sono i rischi specifici sul lavoro maggiormente riscontrati?
Ogni Unità operativa ha dei rischi specifici in funzione delle attività svolte al suo interno. Inoltre, ci sono rischi generici che sono per le terapie intensive, le rianimazioni, le lungodegenze con malati non collaboranti e i rischi legati alla movimentazione assistenziale dei degenti.
Di fatto il personale infermieristico quotidianamente sposta questi malati non collaboranti senza poter adottare nessun tipo di ausilio meccanico adatto al loro sollevamento o spostamento, necessari per garantire l’igiene e di conseguenza prevenire infezione e/o decubiti. Ne consegue che questi sanitari accusano spesso dolori articolari.
Situazione simili si vivono nei reparti ortopedici, dove in genere il malato è collaborante, ma ha scarsa mobilità dovuta ad esempio al gesso, o perché ha un arto in trazione, oppure ha subìto un intervento di protesi articolare ed è costretto ad assumere posizioni di riposo fisse. Anche in questo caso le patologie più frequenti sono quelle muscolo-scheletriche. Tra i rischi legati alla movimentazione dei ricoverati vi sono sicuramente quelli annessi al loro trasporto fra i diversi reparti di ricovero e quelli per la diagnostica strumentale. Molti nosocomi hanno adottato letti di degenza con ruote, sperando di sostituire le lettighe, il buon proposito era in funzione della ridotta movimentazione del malato dal letto di ricovero alla barella. Purtroppo, in molti ospedali non è stato valutato l’ingombro di questi letti e la larghezza delle porte e degli ascensori. Di fatto i nuovi letti non entrano negli ascensori. Si usano di nuovo le lettighe e queste sono vecchie, prive di barre di contenimento, prive di freni e con 4ruote piroettanti. Queste affrontano dei percorsi interni degli ospedali, che sono molto usurati e, sono gestiti da 1 solo ausiliario (OS), anche se la Legge impone che anche un Infermiere accompagni sempre il degente. Di fatto il malato in transito nei corridoi, negli ascensori può rischiare dei danni accidentali, oltre al tremolio tipico delle barelle. Va anche detto che i ns ospedali sono vecchi, molti sono in ristrutturazione. Molti ambienti di lavoro sono ricavati in ambienti non consoni per le attività che vi si svolgono. Molti percorsi che collegano i vari ambienti di lavoro sono collegati con corridoi nei sotterranei.
E quali sono le malattie professionali?
Per quanto attiene alle malattie professionali bisogna dire che sono difficili da ottenere. Anche in questo contesto la cronaca mi è di aiuto. Infatti, coloro che lavoravano lì dove si produceva o si usava l’amianto, difficilmente hanno ottenuto la certificazione di malattia professionale che necessita di una causa univoca e specifica. Nel caso dell’amianto la giustificazione portata era l’inquinamento ambientale.
Fino a quando ci sono stati i reparti infettivi, ai sanitari veniva riconosciuta in busta paga una somma per il rischio lavorativo. Poi la legge e la scienza hanno affermato che con l’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale, i Dpi, il contagio è difficile. Hanno chiuso molte camere di isolamento, che alcuni nosocomi avevano anche nei Ps, oltre che in alcuni reparti di pneumologia. Adesso in alcuni ospedali sono in numero limitato solo nelle rianimazioni e terapie Intensive. Anche ai sanitari che effettuano la movimentazione manuale del malato, pur essendo sottoposti a visita medica obbligatoria ogni anno dal Medico competente, difficilmente vengono concesse le visite mediche specifiche e specialistiche.
La Pandemia ha avuto un impatto di enormi dimensioni sulla tutela della salute e sicurezza degli operatori sanitari che da subito sono stati in prima linea. Molti di loro hanno contratto il Covid durante lo svolgimento delle loro mansioni. Rispetto ai primi mesi del 2020 cosa è stato fatto per migliorare le loro condizioni e cosa può essere introdotto nel futuro?
La sanità nazionale aveva già subìto moltissimi tagli di posti letto.
L’Azienda Ospedaliera San Filippo Neri di Roma Nord ha perso circa il 70% dei posti Letto. Ha chiuso molti reparti fra questi la cardiochirurgia e ha tagliato 9 posti letto di terapia Intensiva. Da azienda autonoma diventa un presidio della Asl Rm1, una delle più grandi Asl d’Italia.
Alla fine del 2019 inizia a girare il Covid19 e all’inizio regnava la confusione. Si pensava che fosse una influenza un po’ più contagiosa. Non vi è stata nessuna indicazione dal Servizio Sanitario Nazionale, né da quello regionale. Iniziano di fatto ad aumentare i ricoveri, finiscono le scorte di mascherine e di guanti di lattice. Ormai, era chiara la diffusione. Le mascherine erano più che mai necessarie. Le Farmacie delle Asl hanno finito le scorte. Noi quando era possibile le abbiamo comprate autonomamente. Mancavano a livello nazionale le tute a tutto il corpo necessarie per l’assistenza nei reparti per acuti.
La Asl Rm1 reagisce, posiziona un pretriage davanti ad ogni suo pronto soccorso, dove ai malati viene rilevata la temperatura e i sintomi, che ora sono noti, del Covid. Si iniziano anche a fare i tamponi. Intanto vengono allestiti nuovi reparti per i soli Covid. Due piani da circa 80 posti letto vengono preparati nell’edificio D del San Filippo Neri. Viene ampliata la rianimazione con circa 15 posti letto. Vengono convertite alcune sale operatorie in reparti Covid. Nel frattempo, si garantiscono le urgenze indifferibili con accesso separato nei Ps, percorsi per soli Covid in tutti gli ospedali.
Ai malati non Covid viene garantita l’assistenza completa anche quella traumatologica e chirurgica. Anche ai malati Covid vengono assicurate tutte le assistenze chirurgiche e traumatologiche. Viene anche installata una Tac mobile in prossimità del Ps. Vengono differenziate le equipe, fatti i corsi per la vestizione e svestizione delle tute a tutto corpo. Vengono redatti i Documenti di valutazione rischi che continuano ad essere aggiornati anche attualmente. Il personale sanitario destinato ai reparti Covid periodicamente viene assegnato ad altri reparti, per contenere i rischi di esposizione. Viene bloccata l’aria condizionata. Mancano i presidi come i ventilatori polmonari. Piano piano, si completa tutto, presidi medici specifici, Dpi specifici. Il personale viene monitorato all’ingresso con i termoscanner, vengono fatti i tamponi e i sierologici. Nei primi mesi del 2020 ci furono diversi contagiati. Per fortuna, che io sappia solo pochi decessi tra i sanitari della Asl Rm1. Anche le equipe di radiologia vengono dotate di Ecografi mobili, posizionati nei pressi dei reparti Covid.
Rispetto ai primi mesi del 2021, oggi di Covid ne sappiamo molto di più e siamo quasi tutti vaccinati.
Quali sono i compiti di un Rls nelle aziende sanitarie pubbliche e private?
Ogni anno in qualità di Rls, partecipo alla stesura del Dvr per una Asl che è enorme (3 ospedali, 5 case della salute, 4 centri vaccinali, 5 centri esterni per i tamponi, diversi presìdi anche per le malattie mentali). È un compito molto difficile da eseguire, anche considerando i vari punti per l’esecuzione dei tamponi e per la somministrazione del vaccino. Ritengo, come Rls che tutti dovrebbero attenersi al Testo unico, invece, se non agiamo di nostra iniziativa, non veniamo coinvolti direttamente dalla Direzione aziendale.
Redazione Zero Morti