Sicurezza sul lavoro per una “Vision Zero”
Il tema della sicurezza sul lavoro va affrontato strutturalmente non solo nei singoli Stati, ma a livello Europeo tenendo bene a mente le caratteristiche di ogni territorio e popolazione.
Nonostante un calo del 70% degli infortuni in Europa, infatti, dai dati UE 2018 sono emersi 3,1 milioni di incidenti sul lavoro e 3.300 morti, circa 200mila persone muoiono ogni anno per patologie lavoro correlate.
Il 28 giugno scorso la Commissione europea ha dato avvio al nuovo quadro strategico in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Ne parliamo con Ignacio Doreste, advisor della Confederation Syndicat Europaen Trade Union (CES)
Quali sono gli obiettivi del nuovo Quadro?
Il nuovo quadro strategico europeo per la sicurezza e la salute sul lavoro si basa su tre priorità chiave:
- Anticipare e gestire il cambiamento nel contesto delle transizioni verdi, digitali e demografiche;
- Migliorare la prevenzione degli infortuni e delle malattie legate al lavoro, e tendere verso un approccio “Vision Zero” alle morti sul lavoro;
- Aumentare la preparazione per rispondere alle crisi sanitarie attuali e future.
La CES ha accolto con favore l’approccio “Vision Zero” relativo agli incidenti sul lavoro, ma dovrebbe essere esteso anche alle malattie professionali. Per questo abbiamo chiesto la revisione della Direttiva sugli agenti biologici, in quanto non copre adeguatamente tutti i lavori che potrebbero essere colpiti da future pandemie. Il fatto che una vasta gamma di impieghi sia considerata a rischio dovrebbe essere riflessa nella Direttiva, per garantire che questi siano anche inclusi nello sviluppo e nell’attuazione di misure preventive nelle relative professioni. Questa richiesta, però, non è stata accolta nel nuovo quadro strategico.
Quanto ha influito la Pandemia sulle scelte che sono state fatte?
Uno dei tre pilastri su cui è costruito il quadro strategico comprende una serie di misure per aumentare la preparazione a qualsiasi potenziale crisi sanitaria futura.
Riteniamo, tuttavia, che l’attenzione sulla legislazione in materia di Salute e Sicurezza sul lavoro, quando si tratta di prepararsi a nuove pandemie, non sia sufficiente. La Commissione afferma vagamente che attuerà l’applicazione della Direttiva sugli agenti biologici, che ora include la Sars-Cov-2 così come svilupperà una guida per gli ispettori del lavoro per contribuire a garantire la corretta applicazione delle misure.
La pandemia ha anche influenzato altri aspetti del quadro strategico, come l’approccio verso il luogo di lavoro. L’estensione del telelavoro sin dai primi lockdown ha (secondo la Commissione europea) reso il concetto “più fluido ma anche più complesso, poiché stanno emergendo nuove forme organizzative, modelli di business e industrie”. La pandemia Covid-19 ha accentuato queste complessità e ha reso la politica di Salute e Sicurezza sul lavoro e di salute pubblica più interconnessa che mai.
Abbiamo chiesto alla Commissione europea di garantire con urgenza che le infezioni da Covid-19 legate al lavoro siano compensate nel corrispondente sistema di previdenza sociale. Pertanto, la Raccomandazione della Commissione relativa all’elenco europeo delle malattie professionali dovrebbe essere rivista per includere specificamente il Covid-19 come applicabile a tutti i lavoratori che sono esposti all’infezione senza una protezione adeguata. L’onere della prova a carico del lavoratore, per dimostrare che l’infezione da Covid-19 è dovuta all’esposizione sul lavoro, non dovrebbe impedire a priori l’ottenimento dell’indennità di sicurezza sociale corrispondente. La Commissione europea sembra aver accolto alcune di queste richieste sindacali, proponendo un aggiornamento della Raccomandazione della Commissione sulle malattie professionali per includere il Covid-19 entro il 2022. Tuttavia, riteniamo che sia necessario trasformare la Raccomandazione in una Direttiva, nel pieno rispetto delle competenze nazionali di organizzazione del sistema di sicurezza sociale.
Quali sono gli impegni presi per gestire il cambiamento nella transizione verde?
La strategia prende una posizione forte a favore della modernizzazione e della semplificazione delle norme UE in materia di SSL nel contesto delle transizioni verdi e digitali. I sindacati europei sono preoccupati che questa formulazione possa nascondere una diminuzione della protezione dei lavoratori contro i rischi professionali o verso gli obblighi dei datori di lavoro di intraprendere una valutazione di questi rischi e fare tutto il possibile per evitarli. Nello specifico, i limiti di esposizione professionale vincolanti (Vlep ) al piombo e al cobalto, due sostanze frequentemente utilizzate nelle tecnologie delle energie rinnovabili, saranno limitati.
Ci saranno cambiamenti nella classificazione delle sostanze a rischio?
Ci dispiace della mancanza di ambizione della Commissione europea in materia di protezione dei lavoratori contro le sostanze pericolose. Sono state identificate 50 sostanze cancerogene prioritarie a cui i lavoratori sono ampiamente esposti in Europa, ma i limiti di esposizione esistono ad oggi solo per 27 di esse. Il campo di applicazione della Direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni dovrebbe essere esteso alle sostanze tossiche per la riproduzione sessuale e ai medicinali pericolosi. Serve un nuovo sistema coerente, trasparente e basato sul rischio per fissare i limiti di esposizione, basato sui sistemi utilizzati in Germania e nei Paesi Bassi.
Sono stati valutati anche i rischi legati allo smart working visto che tutti i Paesi ne hanno dovuto fare un uso massiccio per contrastare la Pandemia e tutelare i lavoratori?
La Commissione europea ha invitato le parti sociali europee a trovare soluzioni concordate per affrontare le sfide poste dalla digitalizzazione, dal telelavoro e dal diritto alla disconnessione, sulla base dell’accordo quadro delle parti sociali europee sulla digitalizzazione.
Più in generale sui rischi psicosociali, abbiamo accolto con favore il fatto che il quadro strategico include un focus su questo tema, ma non è abbastanza ambizioso. Pone l’accento sulla salute mentale e non sulla salute professionale (sul lavoro) e quindi un approccio collettivo basato sull’organizzazione del lavoro.
Per questo la Confederazione dei sindacati europei chiede una Direttiva per combattere lo stress sul lavoro in Europa.