“Zero morti sul lavoro”: un’urgenza nazionale che non può più attendere

Nel cuore di un Paese che si proclama moderno e sviluppato, dove il progresso tecnologico e l’innovazione dovrebbero garantire benessere e sicurezza, si consuma ogni giorno una tragedia silenziosa ma devastante: quella delle morti sul lavoro. I dati pubblicati dall’INAIL sono impietosi e raccontano, senza possibilità di equivoci, la drammatica realtà italiana.

Nei primi tre mesi del 2025 sono stati 210 i morti sul lavoro, comprese le vittime in itinere e gli studenti coinvolti nei percorsi scolastici e formativi. Un aumento netto rispetto ai 191 dello stesso periodo del 2024. Mese dopo mese, anno dopo anno, in Italia si continua ad assistere a una carneficina che pare inarrestabile. Una strage silenziosa che colpisce indistintamente operai, tecnici, apprendisti, impiegati e studenti. Un incubo quotidiano, una vera e propria emergenza sociale.

Un Primo Maggio di dolore e lotta

Il Primo Maggio 2025, Festa dei Lavoratori, è stato dedicato al tema della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. In molteplici piazze italiane si sono ritrovati centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici, determinati a richiamare l’attenzione del Governo su un dramma che continua a mietere vittime nel silenzio generale.

La risposta dell’esecutivo? Un provvedimento d’emergenza presentato con grande enfasi mediatica che annunciava un fantomatico stanziamento di 1,2 miliardi di euro per la sicurezza. Peccato che quelle risorse non siano nuove, ma provengano dagli avanzi di bilancio dell’INAIL. Avanzi che dovrebbero essere impiegati, per logica e giustizia, in formazione, prevenzione, ricerca sui nuovi rischi e rafforzamento delle prestazioni e delle indennità.

Ma non basta. Come ha più volte sottolineato la UIL, questi provvedimenti-spot, annunciati puntualmente dopo infortuni plurimi o tragedie eclatanti, rappresentano solo un palliativo. Nulla cambia davvero. E ciò che viene chiesto al Goverso non sono proclami propagandistici, ma un confronto vero, strutturato, continuativo. Serve dialogare con chi ha reale rappresentanza nel mondo del lavoro, non con sigle sconosciute invitate solo per fare numero.

I numeri della vergogna

I numeri parlano chiaro. Nel solo 2024, l’Italia ha contato 1.090 morti sul lavoro. Tra le vittime anche 13 studenti, deceduti durante attività scolastiche o tirocini formativi. Gli infortuni totali, nello stesso anno, sono stati 589.571. La tendenza non è in calo. Anzi, nel bimestre gennaio-febbraio 2025, sono già 138 le denunce di infortuni mortali, con un aumento del 16% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Nel mondo, la situazione è altrettanto grave: l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), in occasione della Giornata internazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, ha tracciato un bilancio drammatico. Nel 2024 sono stati registrati quasi 2,8 milioni di morti sul lavoro a livello globale, a cui si aggiungono circa 375 milioni di infortuni non mortali. Numeri che fanno tremare e che impongono una riflessione urgente e globale.

Le nuove frontiere del rischio

Il lavoro cambia, si evolve. Con esso mutano anche i rischi. Le innovazioni tecnologiche, i nuovi processi produttivi, come la nanotecnologia e la biotecnologia, le condizioni lavorative sempre più precarie, i carichi aumentati e la precarizzazione diffusa, creano nuovi scenari di pericolo. Lavoro autonomo, contratti a termine, esternalizzazioni e gig economy espongono i lavoratori a una maggiore insicurezza sia sul piano contrattuale che su quello fisico.

In questo contesto, l’Intelligenza Artificiale e la digitalizzazione possono rappresentare strumenti potenti di prevenzione e controllo. L’OIL ha scelto proprio questo tema per la Giornata Mondiale della Sicurezza sul Lavoro 2025: «Rivoluzionare la salute e la sicurezza sul lavoro: l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione nel mondo del lavoro». Un invito ad abbracciare il progresso non solo per aumentare la produttività, ma soprattutto per salvare vite.

Le richieste dei sindacati: reato di omicidio sul lavoro e Procura Nazionale

Alla vigilia dell’incontro con la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, previsto per giovedì 8 maggio, la UIL ribadisce con forza le proprie richieste. Innanzitutto, l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro. Non si tratta di una vendetta giudiziaria, ma della necessità di riconoscere pienamente la gravità e la responsabilità di chi, per negligenza o per risparmiare su costi e sicurezza, espone deliberatamente i propri dipendenti al pericolo.

A questo si affianca la proposta di istituire una Procura Nazionale sul Lavoro, che concentri risorse, competenze e strumenti investigativi in un unico organismo specializzato. Perché ogni morte sul lavoro è un crimine che va indagato, analizzato, compreso. Solo così si potranno prevenire nuovi disastri.

Non si può più attendere

La campagna “Zero Morti sul Lavoro”, avviata dalla UIL nel 2021, non è un semplice slogan. È un obiettivo concreto, un impegno morale. Ma per raggiungerlo serve la volontà politica, serve che il Governo ascolti davvero chi rappresenta milioni di lavoratori, e non solo quando la cronaca costringe tutti a guardare.

Non c’è più tempo da perdere. Ogni giorno che passa può essere l’ultimo per qualcuno. Ogni rinvio, ogni dichiarazione vuota, ogni riunione inutile significa altre lacrime, altre bare, altre famiglie distrutte.

L’Italia ha bisogno di un cambio di passo. Di una visione strategica, non di rattoppi. La sicurezza sul lavoro non è un lusso, è un diritto. È ora di trattarla come tale. Non possiamo continuare ad accettare che si esca di casa per lavorare e non si faccia più ritorno. Diciamolo forte, tutti insieme: basta morti sul lavoro.

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