Ex Ilva di Taranto. La storia di un Rappresentante per la sicurezza sul lavoro
L’Ilva di Taranto non è solo un’azienda o un sito inquinante, è un luogo dove sono cresciute generazioni di lavoratori e che è stato il fiore all’occhiello di un’Italia che ripartiva e sceglieva di farlo dal SUD. Era il sogno del benessere che avrebbe portato. Dopo 60 anni e diversi nomi l’EX Ilva è una situazione di cui in molti se ne lavano le mani, spostando il problema più avanti per non essere più l’attore principale di una soluzione da trovare. Tuttavia, quel “problema” conta migliaia di lavoratori.
In occasione dell’Assemblea dei Rappresentanti per la Sicurezza della UIL che si è tenuta il 19 settembre a Roma, abbiamo parlato in maniera più approfondita con Giuseppe De Giorgio, RLS di Acciaierie d’Italia (EX ILVA) di quali sono le condizioni dei lavoratori del sito di Taranto e dell’indotto.
Giuseppe, quanti sono i lavoratori dell’azienda e da quanti anni svolgi il ruolo di RLS?
Sono Rappresentante della Sicurezza per il lavoro presso l’Ex Ilva (ora Acciaierie d’Italia) da oltre 12 anni. La situazione è profondamente cambiata all’interno del sito per i motivi che tutti conosciamo e i lavoratori da 12mila, oggi sono diventati 8mila come dipendenti fissi insieme a 4/5 mila dell’indotto che hanno i loro RLS, ma se accadono cose gravi interveniamo noi.
Come sono gestite la salute e sicurezza in azienda? Trovi difficoltà nello svolgimento del ruolo? Ci sono stati infortuni?
Quando l’azienda era gestita dai Riva (ILVA) gli RLS venivano guardati come oppositori all’azienda. La figura era sottovalutata perchè «sembravamo di disturbo» soprattutto quando gli RLS sollevavano problematiche sia fisiche che psicologiche. Passato il primo periodo difficile, i Riva si sono poi accorti del nostro valore aggiunto; infatti, siamo i primi a parlare con i lavoratori tanto che a livello contrattuale abbiamo ottenuto più ore di agibilità.
Con il passaggio a Acciaierie d’Italia ci aspettavamo che le cose migliorassero, ma l’azienda cade a pezzi. Ad esempio, c’è mancanza di DPI, occorre attendere mesi prima che vengano risolte delle problematiche; oltre a questo, gli impianti cadono a pezzi e mettono a rischio l’incolumità degli addetti.
Oggi, viviamo una situazione di abbandono. Abbiamo denunciato più volte agli enti ispettivi (Spsal). Al problema si tenta di tamponare ma non c’è una progettualità.
Ci sono stati infortuni anche mortali. Pochi mesi fa ai danni di un lavoratore dell’indotto (in appalto), dove si lavora con meno tutele e a ritmi forzati.
Senza parlare, poi, della parte dei lavoratori che si occupa di manutenzione che per la maggior parte è in cassa integrazione.
Su alcune problematiche cerchiamo di intervenire insieme (con gli altri RLS) anche se oggi il nostro ruolo è difficilissimo. Dalla nostra comunicazione all’azienda passano due o tre giorni dalla risposta (questo fa capire che non c’è volontà di risolvere e quindi ci mettono nelle condizioni di fare le denunce, ma gli ispettori spesso vengono dopo tantissimi giorni quando il problema è ormai risolto).
Ad oggi ci sono stati 12 decreti che hanno cercato di modificare e intervenire per risolvere le problematiche di questa fabbrica, ma soluzioni reali nessuna.
L’ex Ilva è una fabbrica con mille problematiche e può avvenire un incidente mortale da un momento all’altro.
Rispetto alle malattie professionali, sai dirmi qualcosa sulla loro diffusione tra i tuoi colleghi?
Qualche mio collega ora non c’è più, portato via da un tumore. Hanno portato avanti cause legali i loro familiari. Così come tanta gente che è andata in pensione ha scoperto di essere soggetto ad una malattia professionale e ha fatto causa.
Dal 2012, quando era stata commissariata l’azienda ed era stata dichiarata la presenza di amianto siamo arrivati ad oggi dove sappiamo che ci sono ancora 4mila tonnellate di amianto da smaltire.
Loro dicono che non c’è più, che è “sancito” e non può recare danni, ma le persone continuano ad ammalarsi.
A Taranto o la salute o il lavoro. Perché o si inquina o si lavora. In entrambi i casi si perde.
Intervista realizzata dal Servizio Lavoro Coesione e Territorio della UIL
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