Lavoro digitale e sicurezza: i rischi sono per la salute mentale
Oggi si lavora con un click. È sicuramente riduttivo descriverlo così, ma il lavoro digitale è una vera e propria rivoluzione. Trent’anni fa non avremmo mai immaginato che pubblicare foto online, sviluppare app o inviare newsletter sarebbero diventate competenze ricercatissime. Anzi Trent’anni fa social e app neppure esistevano. Il lavoro ormai sta migrando nel cyberspazio con conseguenze imprevedibili, anche sul piano della sicurezza.
Il Report sul sfide del lavoro attraverso le piattaforme digitali
A primo impatto si potrebbe pensare che pericoli e incidenti non saranno più un problema. Ma non è esattamente così. Di certo, una catena di montaggio che procede grazie a un computer, risparmia tanta fatica ed infortuni. Ma i rischi non sono azzerati e, in realtà, neanche diminuiscono. Semplicemente cambiano. Infatti, lo sviluppo tecnologico espone chi lavora a nuovi agenti chimici e nanomateriali per nulla innocui. In più, gli effetti non sono solo fisici. Anzi, molti studi provano che il lavoro digitale impatterà soprattutto sulla salute mentale. Lo spiega nel dettaglio la ricerca Desafíos de la digitalización para la seguridad y salud en el trabajo, dell’Instituto Nacional de Seguridad y Salud en el Trabajo, condivisa anche dall’Agenzia europea sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro.
Il report parte dal presupposto che innovare un sistema produttivo significa trasformarne radicalmente l’organizzazione. Quindi, in termini pratici, impone a chi lavora di adattarsi a ritmi e mansioni nuove, per apprendere un know how in continua evoluzione. Questo aumenterebbe notevolmente il carico di lavoro cognitivo e psicologico, provocando un forte stress.
Ma le ricadute psico-sociali non si limitano al processo di transizione. Il lavoro digitale ha caratteristiche specifiche da cui derivano rischi altrettanto specifici per la salute mentale.
Carico eccessivo e iperstimolazione nel lavoro digitale
Innanzitutto, si tratta di un insieme di occupazioni atipiche che non rientrano nelle casistiche tradizionali. Questa incertezza formale ha generato un’insidiosa zona grigia per le retribuzioni e gli orari di lavoro. Tanto è vero che secondo lo studio dell’INSST, chi lavora attraverso le piattaforme digitali non ha pause, riposi e redditi adeguati. Subisce un eccessivo carico di lavoro e ha difficoltà a delimitare la vita professionale da quella privata. Il confine con il tempo libero sfuma ed essere svincolati da luoghi o orari definiti non si traduce in una maggiore libertà, ma nell’impossibilità di una effettiva disconnessione.
Molte lavoratrici e lavoratori da remoto, non a caso, hanno dichiarato di “guardare il telefono tutto il giorno” e di sentirsi come se la loro mente “fosse sempre attiva”. Sotto la pressione della facile reperibilità, di fatto, lavorano 24 ore su 24.
A uno stress simile, se non peggiore, sono sottoposti i rider che lavoravo con le piattaforme digitali per i servizi di consegne a domicilio. Dovendo rispondere rapidamente alle richieste su app o alle chiamate, controllano in continuazione il proprio smartphone. In costante allerta, finiscono per vivere in uno stato di tensione e iperstimolazione, che stanca occhi e mente.
Lavoro digitale e ansia da prestazione
Probabilmente avrà lo stesso esito anche la valutazione in tempo reale delle prestazioni lavorative, oggi possibile grazie allo sviluppo tecnologico. Prendendo come esempio i content creator, è facile capire il meccanismo. Pubblicato un contenuto, likes e reazioni danno subito un feedback sul lavoro fatto. Una situazione che genera molta ansia da prestazione come testimoniato da alcune lavoratrici e lavoratori intervistati nell’ambito della ricerca dell’INSST. Uno di loro ha raccontato: “posso vedere i punteggi salire e scendere, quindi sono stressato e impaziente quando vedo che altre persone lo fanno meglio“. Per un altro collega invece: “è come osservare i prezzi del mercato azionario salire e scendere. Io tengo duro, ma guardando il numero di punteggi, il mio stato emotivo fluttua con loro.”
Altro stress psichico è connesso con l’utilizzo della tecnologia avanzata nelle attività di coordinamento e supervisione del lavoro. Sensori e dispositivi intelligenti stanno progressivamente potenziando il controllo esercitato su chi lavora. Perciò, si inizia a parlare della cosiddetta gestione algoritmica che incrementerà notevolmente la tensione psicologica dentro uffici e fabbriche.
Sicurezza e Privacy su app e social
Ugualmente delicata è la questione dei dati sensibili. Le persone che lavorano con app, social e altri strumenti digitali di frequente, per svolgere i propri servizi, devono anche condividere informazioni private, rischiando molestie o violazioni della privacy. È il fenomeno del doxing: attacchi online commessi da hacker che “scavano su Internet” e si appropriano di dati personali. La sola possibilità che si verifichino abusi del genere è motivo di grande disagio e angoscia, sentimenti che si aggiungono agli altri fattori di stress per lavoratrici e lavoratori del mondo digitale.
Una questione di priorità: la salute prima di tutto.
Allora non è vero che basta un click. L’organizzazione del lavoro affronterà un cambiamento radicale in cui all’agilità degli strumenti digitali si assoceranno nuovi pericoli per la salute. E per l’Italia la sfida sarà doppia. L’urgente necessità di potenziamento dei sistemi di controllo e garanzia della sicurezza dovrà andare di pari passo con un’opera di formazione e aggiornamento sui nuovi rischi. II lavoro digitale è di certo una risorsa inestimabile per la produttività, ma i suoi vantaggi saranno nulli se verrà meno il diritto alla salute di chi lavora. Perché la salute viene prima di tutto.