Il rischio aggressioni sul lavoro: un fenomeno in crescita

Il rischio aggressioni rappresenta una delle declinazioni della violenza sul lavoro, descritta dall’Unione Europea come un insieme di episodi nei quali “i lavoratori e le lavoratrici sono abusati, minacciati e assaliti in circostanze correlate al loro lavoro, anche quando si recano al lavoro, e che provocano un cambiamento alla loro sicurezza, al loro benessere e alla loro salute fisica e psichica”, intaccando, quindi, significativamente la qualità della vita degli individui.

Gli episodi di violenza possono peraltro assumere modalità differenti, esprimendosi in forme fisiche, psicologiche o sessuali; possono presentarsi come evento singolo o episodico, oppure avere un carattere frequente e sistematico. Possono essere agiti da persone interne all’azienda nei confronti di colleghi e colleghe, o da soggetti esterni, in quest’ultimo caso si parla di aggressioni.

Statistica e settori a maggior rischio

A tale riguardo, di particolare interesse risulta un’indagine presentata dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) ed Eurofound, che rileva come la violenza, le intimidazioni e le molestie sul luogo di lavoro interessino una quota compresa tra il 5% e il 20% dei lavoratori e delle lavoratrici impiegati presso aziende che hanno più di 10 dipendenti.

Sebbene il rischio di subire una violenza sul luogo di lavoro da parte di soggetti terzi sia un fenomeno trasversale, a più alto rischio sono quelle attività lavorative che implicano un’interazione continua o ricorrente con gli utenti esterni o il pubblico, così come avviene per i lavoratori della sanità e dei trasporti pubblici, per gli operatori scolastici e sociali, del commercio, della sicurezza, della Pubblica Amministrazione e degli istituti di credito. Per tutti i settori, il rischio significativamente più elevato riguarda le lavoratrici.

Dati e iniziative legislative

Nonostante la cronaca e l’esperienza quotidiana confermino un’allarmante crescita delle aggressioni sul lavoro, non esistono dati ufficiali che fotografano o misurano il fenomeno nel suo complesso, anche per l’assenza di una fattispecie specifica di reato. In tale direzione, si è mossa la legge 113 del 2020, che ha introdotto una serie di misure, tra cui l’istituzione di un osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie, l’inasprimento delle pene per i responsabili di aggressioni, iniziative di informazione e specifici protocolli operativi con le forze di polizia per garantire interventi tempestivi. Occorre, peraltro, considerare l’elevata presenza del numero oscuro: ovvero di casi non denunciati.

Esistono, tuttavia, numerosi studi e stime accreditate, che rilevano il numero delle aggressioni in determinati settori: a tale riguardo, l’INAIL, nel 2023, ha realizzato un focus sulle aggressioni e violenze ai danni del personale sanitario, rilevando nel 2022 oltre 1.600 aggressioni (in più di sette casi su 10 riguardanti personale femminile), con un significativo aumento sia rispetto al 2021 e sia rispetto al 2020, quando l’accesso alle strutture ospedaliere e assistenziali è stato fortemente limitato a causa dell’emergenza Covid-19. Altre stime (dati Anaao-Assomed) parlano di oltre seimila eventi “noti” nel triennio 2020-2022 e di 2.300 nel 2023, avvenuti nel 34% dei casi in ambito psichiatrico e nel 21% al pronto soccorso.

Prevenzione e soluzioni: il progetto ALERT

Con l’obiettivo di fornire un quadro informativo ancora più completo, che comprenda oltre alle aggressioni fisiche anche quelle verbali e contro la proprietà degli operatori sanitari, l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie (Onseps), istituito nel 2022 presso il Ministero della Salute, con specifici compiti di studio e promozione di iniziative di prevenzione, ha effettuato un monitoraggio da cui emerge che nel 2023 le segnalazioni complessive di aggressioni a operatori sanitari sull’intero territorio nazionale sono state oltre 16mila, per un totale di circa 18mila operatori coinvolti. Nel 68% dei casi si è trattato di aggressioni verbali, mentre il 6% è avvenuto contro beni di proprietà del professionista sanitario aggredito.

Inoltre, nel solo settore ferroviario, la Polizia ha raccolto nel 2022 ben 355 denunce relative ad aggressioni fisiche ai danni dei lavoratori, e sarebbero circa 500 l’anno le aggressioni da parte di studenti o loro familiari nei confronti di insegnanti, anche in questo caso maggioritariamente donne, tanto che nel 2022 le aggressioni rappresentano il 2,6% di tutti gli infortuni femminili avvenuti in occasione di lavoro riconosciuti dall’INAIL.

Lo scorso 22 ottobre, presso il Centro Convegni Bruno Buozzi, la UIL con ITALUIL, con il patrocinio dell’ILO e in collaborazione con l’Istituto di ricerca Eures ha presentato durante un Seminario dedicato, il progetto di ricerca ALERT (aggressioni a lavoratori e lavoratrici: esperienze, ricerca e tutele) che, accanto ad una ricognizione delle analisi sul rischio di aggressioni sul lavoro nei diversi contesti, ha posto al centro dell’osservazione il punto di vista e l’esperienza dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza.

Sono infatti proprio gli RLS, che svolgono le funzioni di rappresentare i lavoratori nella tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, di promuovere la cultura della sicurezza e di fare proposte nell’ambito della prevenzione, i soggetti più qualificati a fornire una lettura d’insieme del rischio di aggressioni sul lavoro che tenga conto della percezione e del vissuto dei lavoratori e delle lavoratrici ma, allo stesso tempo, del contesto aziendale, organizzativo e culturale in cui si determinano. Se la raccolta dei dati è il compito principale di ALERT non dobbiamo dimenticare la sua missione di suggerire strategie e soluzioni per contrastare la violenza sui dipendenti.

Regolamentazione e misure preventive

È necessario dare piena attuazione all’ articolo 28 del D.lgs. n. 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, che impone una valutazione di tutti i rischi a cui lavoratori e lavoratrici sono sottoposti. La sua piena attuazione potrebbe ulteriormente concretizzarsi con il recepimento di quanto previsto dalla Convenzione C190, che riconosce il diritto di tutti e tutte ad un mondo del lavoro libero dalle violenze (e quindi anche dalle aggressioni da soggetti esterni) e dalle molestie, comprese quelle di genere. Perché non è più rinviabile una regolamentazione di tale fenomeno all’interno del Testo Unico, tenuto conto che tale valutazione è imposta dallo stesso decreto. È necessario, quindi, stabilire regole, procedure e misure preventive, per rendere più sicuri i luoghi di lavoro, con l’obiettivo di eliminare e/o quantomeno ridurre l’esposizione dei lavoratori a rischi legati all’attività lavorativa.

UIL Servizio Lavoro, Coesione e Territorio

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