Giornata delle vittime dell’amianto. Serve dare seguito al Piano Nazionale Amianto

Anche quest’anno, il 28 aprile si è celebrata la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto e della salute e la sicurezza sul Lavoro. Una ricorrenza molto importante a livello sindacale, perché per la UIL la tutela della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, così come la lotta quotidiana contro l’esposizione all’amianto, rappresenta un valore fondamentale da rinnovare quotidianamente.

I dati sull’amianto

I dati nazionali, sia sul fronte degli incidenti mortali sul lavoro che su quello dei decessi dovuti all’asbesto, evidenziano come ancora ci sia molto da fare, visto che, proprio rispetto alla questione amianto, abbiamo un numero di vittime drammaticamente elevato. Non a caso, negli anni passati, in Italia, numerose fabbriche hanno prodotto manufatti contenenti la fibra killer, in particolare l’industria pesante (metallurgia e siderurgia), il settore delle costruzioni, quello dei trasporti e quello ferroviario, e non possiamo dimenticare che di asbesto ne è stato anche estratto in grande quantità (fino agli anni ‘90 siamo stati tra i maggiori produttori mondiali – con le maggiori quantità di materiale estratte nella cava di Balangero, in provincia di Torino – e abbiamo detenuto la leadership in Europa). È presente ancora tantissimo amianto su tutto il territorio nazionale e, secondo varie stime allo stato attuale, appena il 25% di esso è stato rimosso: stanti le circa 30 milioni di tonnellate di manufatti contenenti amianto, compresi edifici pubblici e privati, se si mantengono questi ritmi, occorreranno oltre 70 anni per eliminarlo del tutto.

Questi dati ambientali si accompagnano a quelli sanitari: sono oltre 31 mila i casi di mesotelioma pleurico registrati nel ReNaM, il Registro Nazionale dei Mesoteliomi a cura dell’Inail, dal 1993 al 2018; e da un recente studio presentato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) si stima che in Italia muoiano circa 4.000 persone all’anno a causa di patologie asbesto-correlate.

Sono numeri impietosi che impongono risposte immediate.

La situazione in Europa

A livello europeo, la situazione non è più confortante: ogni anno si contano dai 30mila ai 90mila decessi collegati principalmente ai tumori contratti sul posto di lavoro, e l’amianto è responsabile di circa l’ottanta per cento delle neoplasie di origine professionale riconosciute in Europa. Dati ancora una volta sconfortanti, legati ad una emergenza endemica che negli anni, è passata in secondo piano in troppi Paesi. In ogni caso, sulla scena comunitaria, un segnale importante è stato dato il 19 ottobre 2021, quando la Commissione UE ha votato a favore di una strategia europea per la rimozione di tutto l’amianto nel continente. Un punto dirimente della succitata strategia riguarda il limite di esposizione (OEL), che è passato dai precedenti 100.000 f/m3 (0,1 f/cm3) al nuovo limite di 1000 fibre/m3 (0,001 fibre/cm3).       

Limite di esposizione            

Tuttavia, la Commissione, a circa un anno di distanza dal voto e dopo aver analizzato l’impatto economico, sociale e ambientale delle varie opzioni strategiche, ha scelto di fissare un limite inferiore di esposizione professionale (OEL) pari a 0,01 fibre/cm3, in rapporto a una media ponderata nel tempo (TWA) di 8 ore lavorative, considerando tale opzione “equilibrata e giustificata alla luce dei benefici conseguiti e a lungo termine in termini di riduzione dei rischi per la salute derivanti dall’esposizione dei lavoratori all’amianto e di vite umane salvate, senza gravare in modo sproporzionato sulle imprese dei settori interessati, comprese le microimprese, le piccole e medie imprese.” Riteniamo si tratti di una decisione assolutamente insensata, che va in parte ad annullare un duro lavoro svolto dal Sindacato Europeo delle Costruzioni EFBWW, insieme a tutti gli affiliati e alla Confederazione Europea dei Sindacati (CES). Una risoluzione illogica, se consideriamo che l’amianto è ancora presente in circa 35 milioni di edifici nell’UE; costruzioni che sono e saranno ristrutturate o demolite nel corso dell’ondata di ristrutturazione edilizia prevista dall’UE per raggiungere i vari obiettivi climatici continentali (riduzione delle emissioni di gas a effetto serra almeno del 55% entro il 2030 e raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050).

A livello nazionale, non dobbiamo dimenticare che i numeri relativi all’uso del Superbonus 110% (per interventi di ristrutturazione o di riqualificazione di edifici già esistenti) hanno restituito dati che parlano di oltre 30mila cantieri in essere che producono un evidente incremento di lavoro del settore, che porterà con sé un potenziale aumento dei rischi di esposizione all’amianto.

Il problema dello smaltimento dell’amianto

Parimenti, è necessaria un’attenzione particolare anche sul versante bonifiche, sulla gestione e sullo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto, prevedendo una diversa filiera virtuosa per la loro gestione, attraverso l’utilizzo delle tecnologie di inertizzazione del materiale. Il Piano Nazionale Amianto, già dieci anni fa, evidenziava la drammatica carenza di siti di smaltimento sul territorio nazionale, imponendo  un duplice ordine di priorità: da un lato la promozione della ricerca e della sperimentazione di metodi alternativi allo smaltimento in discarica; dall’altro, la necessità di superare le lacune della pianificazione regionale, così come le difficoltà che a livello territoriale e nazionale ostacolano o, quantomeno, rallentano la realizzazione degli impianti di inertizzazione, di smaltimento o di recupero dei rifiuti. È doveroso ricordare che già il Decreto del Ministero dell’Ambiente del 29 luglio 2004 n. 248, recante “Regolamento relativo alla determinazione e disciplina delle attività di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti amianto” introdusse ulteriori possibilità di recupero dei rifiuti contenenti amianto, definendo i trattamenti e i processi che producono alla totale trasformazione cristallochimica dello stesso. Tali trattamenti, se adeguatamente realizzati, permettono di evitare il conferimento in discarica e il riutilizzo del prodotto trattato, in quanto, è già stato evidenziato come, su tutto il territorio nazionale, si registri una rilevante insufficienza di discariche/siti di stoccaggio per l’asbesto.

Piano Nazionale Amianto e gli interventi necessari

Serve, allora, un fronte comune tra Governo, Istituzioni, Sindacati e Imprese. Ed è parimenti urgente sbloccare il Piano Nazionale Amianto, fermo in Conferenza Stato Regioni dal 2013 a causa di una protratta carenza di risorse. Sono necessari e urgenti maggiori controlli, ma anche più sanzioni per chi non rispetta le norme. È giunto il momento che, tanto in ambito nazionale quanto europeo, i governi cambino rotta. Bisogna fermare questa strage silenziosa attraverso una seria politica di prevenzione e di formazione; partendo anche dai più piccoli e dalle scuole, attuando capillari attività e campagne di informazione sui territori, non solo per lavoratrici e i lavoratori ma per tutti i cittadini.

Antonio Ceglia

Tagged under:

CONTATTACI


    #ZEROMORTISULLAVORO

    Gruppo ufficiale della campagna:
    ”ZERO MORTI SUL LAVORO"

    Confrontiamoci sulla sicurezza sul lavoro.
    Segnalazioni, pensieri, idee, con un obiettivo preciso:
    ZERO MORTI SUL LAVORO!

    ZERO MORTI SUL LAVORO | Facebook